GRATUITO PATROCINIO: IL GIUDICE DEVE VALUTARE L’AUTOCERTIFICAZIONE E NON ENTRARE NEL MERITO

 

GRATUITO PATROCINIO: IL GIUDICE DEVE VALUTARE L’AUTOCERTIFICAZIONE E NON ENTRARE NEL MERITO

CASSAZIONE E GRATUITO PATROCINIO

CASSAZIONE E GRATUITO PATROCINIO

La Suprema Corte, in tema di patrocinio a spese dello Stato, ha ribadito il principio secondo cui:

“Ai fini dell’ammissione al patrocinio, l’autocertificazione dell’istante ha valenza probatoria e il giudice non può entrare nel merito della medesima per valutarne l’attendibilità, dovendosi limitare alla verifica dei redditi esposti e concedere in base ad essi il beneficio, il quale potrà essere revocato solo a seguito dell’analisi negativa effettuata dall’intendente di finanza, cui il giudice deve trasmettere copia dell’istanza con l’autocertificazione e la documentazione allegata”.

Va, quindi, ricordato che, in tema di patrocinio a spese dello Stato, l’ultima dichiarazione per la individuazione del reddito rilevante ai fini dell’ammissione al beneficio, a norma dell’art. 76 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, è quella per la quale è maturato, al momento del deposito dell’istanza, l’obbligo di presentazione, anche se materialmente non presentata (sez. 4, n. 15694 del 17/1/2020, Cusenza, Rv. 279239; n. 46382 del 14/10/2014, Pierri, Rv. 260953; n. 7710 del 5/2/2010, Varone, Rv. 246698).

Tale dichiarazione può essere integrata da altri elementi sia per negare, che per concedere il beneficio, qualora aliunde emerga un tenore di vita di valore, in un caso superiore, nell’altro inferiore, rispetto al limite legale (sez. 4, n. 46382 del 14/10/2014, Pierri, Rv. 260954).

Di seguito, Cass. pen., Sez. IV, Sent., (data ud. 24/01/2023) 06/02/2023, n. 4953.

Alberto Vigani

per Associazione Art. 24 Cost.


***


Cass. pen., Sez. IV, Sent., (data ud. 24/01/2023) 06/02/2023, n. 4953


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

1. Dott. FERRANTI Donatella – Presidente –

2. Dott. CAPPELLO Gabriella – rel. Consigliere –

3. Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere –

4. Dott. CENCI Daniela – Consigliere –

5. Dott. SESSA Gennaro – Consigliere –


ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:
A.A., nato a (Omissis);
avverso l’ordinanza del 05/05/2022 del GIP TRIBUNALE di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere GABRIELLA CAPPELLO.


Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.

Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice a ciò designato, ha rigettato l’opposizione proposta, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99 avverso i decreti con i quali erano state parimenti rigettate le istanze di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, in favore di A.A., con riferimento a due procedimenti nei quali l’istante era rispettivamente persona offesa (procedimento n. 3472/2017) e imputato (procedimento n. 347/2017).

Ciò sull’assunto che il richiedente – pur convivendo con i genitori e una sorella nata nel 2004 – aveva dichiarato di non aver percepito alcun reddito proprio e dei familiari conviventi per l’anno di riferimento (2016), osservando che i genitori erano in età lavorativa, cosicchè era inverosimile che, nel corso dell’intero anno, tutto il nucleo familiare non avesse percepito alcun reddito, situazione che, ove veritiera, avrebbe determinato il diritto del ricorrente e dei suoi familiari a percepire il reddito di cittadinanza.

2.

La difesa ha proposto ricorso, formulando un unico motivo, con il quale ha dedotto violazione degli artt. 76, 79, 96 (anche per omessa al:tivazione dei controlli di cui all’art. 96, c. 2,) e 98 D.P.R. n. 115 del 2002, nonchè violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, inammissibilità, inutilizzabilità o decadenza, in riferimento agli artt. 112, 115 e 134 c.p.c., da interpretarsi alla luce degli artt. 6 e 13, CEDU e dell’art. 8, Direttiva (UE) 2016/2019 (p.8).

In particolare, il deducente, rileva che, in sede di dichiarazione sostitutiva, l’interessato aveva rappresentato che il suo nucleo familiare (composto dai genitori e da una sorella minorenne) non aveva percepito alcun reddito nel 2016 e di essersi mantenuto grazie ai risparmi dei genitori, pur disoccupati, ma che in precedenza avevano espletato attività lavorativa (la madre, in particolare, fino all’anno precedente).

Inoltre, aveva attestato di vivere in un alloggio di edilizia popolare con canone calmierato di Euro 45,00 mensili e di aver conseguito proprio nell’anno scolastico 2016/2017 il diploma di perito turistico. Con produzione successiva aveva poi dato prova dei redditi del 2017 per complessivi Euro 5.786,00 (di cui Euro 3.800,00 relativi ad attività lavorativa svolta dalla madre ed Euro 1.986,00 quali introiti percepiti dalla stessa quale titolare di “Carta Acquisti”).

A fronte di tale produzione, il decidente avrebbe dovuto limitarsi a verificare le attestazioni o a vagliarne l’attendibilità, ma non decidere affidandosi a valutazioni di “non verosimiglianza”, dovendo semmai attivare i poteri previsti dagli artt. 76 e 79, richiedendo la produzione di altra documentazione, atta a precisare la natura dei ri Spa rmi dei genitori o avvalersi dei poteri istruttori di cui all’art. 96, c. 2, D.P.R. n. 115 del 2002, mediante invio dell’istanza e della dichiarazione sostitutiva alla Guardia di Finanza per le necessarie verifiche, tenuto conto, peraltro, che tali verifiche sono previste dall’art. 98 stesso D.P.R. n., in caso di ammissione al beneficio, ai fini della eventuale revoca dello stesso.

Sotto altro profilo, la difesa rileva che il sistema dell’ammissione al beneficio richiesto è bifasico, avendo il legislatore previsto:

  1. un vaglio preliminare del giudice procedente sulla base degli stessi requisiti e delle dichiarazioni di cui all’art. 79 D.P.R. n. 115 del 2002, connotato da tempi rapidi di decisione;
  2. e un vaglio affidato all’Agenza delle Entrate (coadiuvata, se del caso, dalla Guardia di Finanza) con tempi diversi, al fine della verifica della veridicità delle dichiarazioni rese dall’interessato e della revoca del beneficio concesso.

Quanto, poi, al reddito di cittadinanza, il deducente fa rilevare che l’istanza risale al 2017, laddove detta misura è stata introdotta solo nel 2019, il che rende già in astratto non ipotizzabile l’accesso del nucleo familiare a quel contributo nel 2016 e agli introiti ad esso relativi.

Infine, la difesa prospetta una violazione delle norme convenzionali e unitarie, in relazione alla circostanza che, con l’atto di opposizione, si erano mosse specifiche censure ai decreti impugnati in termini di non conformità ai requisiti di cui all’art. 79 D.P.R. n. 115 del 2002, rispetto alle quali il giudice dell’opposizione non ha operato alcun vaglio, assumendo una aprioristica decisione che frustra inevitabilmente il disposto di cui agli artt. 112 e 134 c.p.c. (che impongono una motivazione su quanto chiesto dalla parte), in modo incoerente anche con la normativa sovranazionale richiamata in materia di ricorso effettivo.

Considerato in diritto

1. Il ricorso va accolto.

2. Va, intanto, premesso che, in tema di patrocinio a spese dello Stato, l’ultima dichiarazione per la individuazione del reddito rilevante ai fini dell’ammissione al beneficio, a norma dell’art. 76 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, è quella per la quale è maturato, al momento del deposito dell’istanza, l’obbligo di presentazione, anche se materialmente non presentata (sez. 4, n. 15694 del 17/1/2020, Cusenza, Rv. 279239; n. 46382 del 14/10/2014, Pierri, Rv. 260953; n. 7710 del 5/2/2010, Varone, Rv. 246698).

E tale dichiarazione può essere integrata da altri elementi sia per negare, che per concedere il beneficio, qualora aliunde emerga un tenore di vita di valore, in un caso superiore, nell’altro inferiore, rispetto al limite legale (sez. 4, n. 46382 del 14/10/2014, Pierri, Rv. 260954).

Inoltre, si è pure chiarito che è illegittimo il provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione fondato sulla mera affermazione che l’autocertificazione di redditi non dichiarati al fisco rende di per sè inammissibile l’istanza, dovendo il giudice indicare sulla scorta di quali elementi si possa operare un giudizio presuntivo di superamento della soglia per redditi non dichiarati:

(sez. 4, n. 21894 del 19/4/2018, Maciofleaca, Rv. 272751; n. 5/12/2017, dep. 2018, Ferretti, Rv. 272248, in cui, proprio in un caso analogo a quello in esame, si è affermato che il provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione fondato sulla mera affermazione che l’autocertificazione di assenza di reddito è di per sè un potenziale inganno è illegittimo, in quanto le disposizioni di cui gli artt. 79, comma 3, e 96, comma 2, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, che assicurano poteri di accertamento al giudice dell’ammissione e a quello dell’opposizione, implicano una presunzione di impossidenza dell’istante vincibile con l’esercizio di tali poteri).

In altri termini, ai fini dell’ammissione al patrocinio, l’autocertificazione dell’istante ha valenza probatoria e il giudice non può entrare nel merito della medesima per valutarne l’attendibilità, dovendosi limitare alla verifica dei redditi esposti e concedere in base ad essi il beneficio, il quale potrà essere revocato solo a seguito dell’analisi negativa effettuata dall’intendente di finanza, cui il giudice deve trasmettere copia dell’istanza con l’autocertificazione e la documentazione allegata (sez. 4, n. 10512 del 13/1/2021, Pennestrì, Rv. 280939; n. 53356 del 27/9/2016, Tilenni, Rv. 268682).

In ogni caso, anche a voler riconoscere un margine di valutazione della attendibilità dell’autocertificazione dell’istante relativa alla sussistenza delle condizioni di reddito richieste dalla legge per l’ammissione al beneficio, il rigetto è sempre ricollegato al riconoscimento di indizi gravi, precisi e concordanti circa la disponibilità di risorse economiche non compatibili con quelle dichiarate (sez. 4, n. 4628 del 20/9/2017, dep. 2018, Tortorella, Rv. 271942), tuttavia, ribadendosi, in questa sede, che tale margine non ha modo di esplicarsi in fase di ammissione, fatte salve le ipotesi presuntive disciplinate dalla legge, dovendo semmai conseguire alla attivazione dei poteri istruttori del giudice e ai controlli che, anche d’ufficio, è tenuto a compiere l’ufficio finanziario.


3. Tanto premesso, il motivo è fondato nei termini che seguono.
Il giudice dell’opposizione ha apparentemente giustificato il rigetto dell’impugnazione alla stregua della ritenuta inverosimiglianza della mancanza di un reddito del nucleo familiare dell’istante (alcuni dei componenti del quale in età lavorativa) per l’anno di riferimento, facendo ricorso, in termini di riscontro alla bontà del ragionamento, a un argomento di tipo logico (godimento del reddito di cittadinanza) che risulta del tutto fallace, come correttamente evidenziato a difesa, sol che si consideri che tale contributo è stato previsto per la prima volta dal D.L. n. 4/2019 (convertito con modificazioni dalla L. n. 26/2019), in epoca, dunque, di gran lunga successiva a quella rilevante ai fini dell’ammissione al beneficio.

Inoltre, il giudice dell’opposizione non ha in alcun modo giustificato la ritenuta (implicitamente) irrilevanza delle allegazioni difensive atte a confermare l’assenza di redditi del nucleo familiare, affidandosi a un giudizio di non verosimiglianza della dichiarazione, con ciò incorrendo in un vizio motivazionale radicale o di motivazione solo apparente, che si traduce, anche sotto tale specifico aspetto, in una violazione di legge per carenza giustificativa sulle allegazioni riguardanti l’assenza di reddito per il 2016, la cui denuncia è ammissibile in questa sede avverso il provvedimento reso ai sensi dell’art. 99 D.P.R. n. 115 del 2002:

(sulla qualificazione del vizio di motivazione apparente o mancante quale violazione di legge, sez. 3, n. 4919 del 14/7/2016, Faiella, Rv. 269296, in materia di ricorso avverso i provvedimenti cautelari reali, in cui si è ritenuto radicale il vizio motivazionale in un apparato argomentativo del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice; n. 37451 del 11/4/2017, Gazza, Rv. 270543; n. 14977 del 25/2/2022, Tilenni, Rv. 283035; sez. 2, n. 20968 del 6/7/2020, Noviello, Rv. 279435 e sez. 6, n. 21525 del 18/6/2020, Mulè, Rv. 279284, in materia di procedimento di prevenzione).


4. L’ordinanza, pertanto, deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al Presidente del Tribunale di Roma.


P.Q.M.


Annulla l’ordinanza impugnata di Roma.
Conclusione


Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2023.


Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2023

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