GRATUITO PATROCINIO: IL GIUDICE PUO’ DISATTENDERE L’AUTOCERTIFICAZIONE REDDITUALE

PATROCINIO  A SPESE DELLO STATO: IL GIUDICE PUO’ DISATTENDERE L’AUTOCERTIFICAZIONE DEI REDDITI IN PRESENZA DI INDIZI CHE NE AFFERMINO LA NON ATTENDIBILITA’

CASSAZIONE E GRATUITO PATROCINIO

CASSAZIONE E GRATUITO PATROCINIO

In tema di patrocinio a spese dello Stato, richiamando Cassazione penale sez. IV, 08/05/2018, n. 36787, la Cassazione torna a ribadire che il giudice può vagliare l’attendibilità dell’autocertificazione ex art. 94 TUSG dell’istante relativa alla sussistenza delle condizioni di reddito richieste dalla legge per l’ammissione al beneficio e rigettare l’istanza ove sussistano indizi gravi, precisi e concordanti circa la disponibilità di risorse economiche non compatibili con quelle dichiarate.

Nel caso di specie, si era ritenuto che l’istante avesse assolto all’onere minimo di allegazione a suo carico indicando una condizione di assenza di redditi, così annullando con rinvio il provvedimento con cui era stata respinta l’opposizione avverso il rigetto dell’istanza per la possibile ricorrenza di redditi non documentati, ritenendo meramente apparente la motivazione che prospettava l’esistenza di ulteriori contribuzioni senza esplicitazione delle valutazioni a sostegno di tale conclusione

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Decreto Presidente della Repubblica 30/05/2002, n. 115

Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A).

ART. 94 (L) (Impossibilità a presentare la documentazione necessaria ad accertare la veridicità)

In vigore dal 1 luglio 2002

1.    In caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta dall’articolo 79, comma 3, questa è sostituita, a pena di inammissibilità, da una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell’interessato.

2.    In caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta ai sensi dell’articolo 79, comma 2, il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea, la sostituisce, a pena di inammissibilità, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione.

Se il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea è detenuto, internato per l’esecuzione di una misura di sicurezza, in stato di arresto o di detenzione domiciliare ovvero è custodito in un luogo di cura, la certificazione dell’autorità consolare, prevista dall’articolo 79, comma 2, può anche essere prodotta, entro venti giorni dalla data di presentazione dell’istanza, dal difensore o da un componente della famiglia dell’interessato.

Riportiamo di seguito il testo integrale della sentenza Cassazione n. 32766/2021.

Avv. Alberto Vigani

per Associazione Art. 24 Cost.

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Cass. civ., Sez. VI – 2, Ordinanza, 09/11/2021, n. 32766

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4164-2019 proposto da:

I.F., rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PROCURA DELLA REPUBBLICA DI CATANZARO, AGENZIA DELLE ENTRATE DI CATANZARO;

– intimati –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 26/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 27/05/2021 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I.F., con ricorso affidato a due motivi, propone ricorso per la cassazione dell’ordinanza del 24 gennaio 2019 della Corte d’Appello di Catanzaro, con la quale è stata rigettata l’opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Deduce che aveva ottenuto il riconoscimento della protezione sussidiaria dal Tribunale di Catanzaro con ordinanza del 5 maggio 2016, che era stata oggetto di appello ad opera del Ministero dell’Interno.

Il ricorrente si era costituito in appello, avanzando contestualmente richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che però era stata in precedenza rigettata in via provvisoria dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro.

La Corte d’Appello, nel pronunciarsi sull’appello, aveva omesso di statuire sulla richiesta di ammissione al patrocinio e, dopo che la difesa del richiedente aveva prodotto autocertificazione dei redditi, resa dinanzi all’Ambasciata della Nigeria, attestante l’insussistenza di redditi o della proprietà di beni mobili o immobili nel paese di origine del richiedente, la Corte d’Appello con provvedimento del 7 settembre 2017 ha rigettato l’istanza.

Avverso tale provvedimento era proposta opposizione e la Corte d’Appello, con ordinanza del 24 gennaio 2019 rigettava la medesima, ritenendo fondate e condivisibili le ragioni poste dalla decisione opposta a fondamento del rigetto, in quanto non risultava agli atti alcuna certificazione idonea a consentire la verifica necessaria della ricorrenza delle condizioni di reddito legittimanti l’ammissione.

Con decreto presidenziale del 23 dicembre 2019 era ordinata la rinnovazione della notifica del ricorso al Ministero della Giustizia, atteso che la notifica a mezzo pec era stata effettuata ad un indirizzo diverso da quello deputato alla ricezione delle notifiche degli atti giudiziari.

A tale ordine parte ricorrente provvedeva nel termine assegnato.

Il Ministero della Giustizia, l’Agenzia delle Entrate di Catanzaro e la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro non hanno svolto difese in questa fase.

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per motivazione apparente e mancata esposizione delle ragioni della decisione, con la violazione altresì del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 79 e 94.

Si deduce che l’ordinanza gravata ha rigettato l’opposizione assumendo semplicemente che in atti non esisteva alcuna certificazione idonea a consentire la necessaria verifica della ricorrenza delle condizioni legittimanti la richiesta ammissione.

In tal modo è stato confermato il provvedimento di diniego che aveva assunto che il ricorrente non avesse prodotto la documentazione, nonostante fosse stata richiesta una sua integrazione.

La Corte d’Appello in primo luogo non aveva mai sollecitato alcuna integrazione documentale nè in sede di merito nè a seguito dell’opposizione, ritenendosi quindi violato un ordine giammai dato.

Inoltre, non si dà conto del fatto che la difesa del ricorrente, già dinanzi al Collegio che aveva emesso il provvedimento opposto, aveva depositato la documentazione attestante le proprie condizioni reddituali, e ciò dapprima con una autocertificazione del 1/12/2016 e poi con una successiva autocertificazione, depositata in data 7/3/2017, intestata e vidimata dall’Ambasciata della Nigeria, con timbro e sottoscrizione del Commissario di Giuramento, tradotta in inglese ed italiano, con la quale si dichiarava di non avere percepito redditi nel 2016 e di non possedere beni mobili o immobili nello Stato della Nigeria.

Si sostiene che trattasi di documentazione che soddisfa i requisiti legali per l’accesso al beneficio e che risultava già prodotta in epoca anteriore alla decisione dell’opposizione.

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, per il mancato esercizio del potere devolutivo da parte del giudice dell’opposizione che avrebbe dovuto ordinare, ove avesse valutato la carenza di prova, l’integrazione della documentazione a sostegno della richiesta di ammissione.

Inoltre, si lamenta la mancata statuizione in merito alle spese del giudizio di opposizione.

I motivi, che possono esser congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono fondati.

Rileva a tal fine la previsione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 16, comma 2, che, quanto al patrocinio dei soggetti richiedenti, rinvia alla disposizione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 94.

Ora, va osservato che se l’art. 79, recita

“Per i redditi prodotti all’estero, il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione Europea correda l’istanza con una certificazione dell’autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato.”,

nondimeno, l’art. 94, comma 2, dispone che

“In caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta ai sensi dell’art. 79, comma 2, il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione Europea, la sostituisce, a pena di inammissibilità, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione”.

Rileva altresì il Collegio che deve reputarsi del tutto rituale l’avvenuta produzione di ulteriore autocertificazione da parte del ricorrente, e precisamente in data 7/3/2017, nel corso del giudizio di appello di merito, ed ad integrazione della prima autocertificazione prodotta, avendo la giurisprudenza penale di questa Corte affermato che (Cassazione penale sez. IV, 23/10/2019, n. 2263) l’intero procedimento di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato è connotato dall’assenza della previsione di termini preclusivi, con conseguente ammissibilità delle produzioni documentali dell’interessato non soltanto in un momento successivo a quello di presentazione dell’istanza, ma anche nel giudizio di opposizione avverso il provvedimento di rigetto (conf. Cass. pen. 6529/2018).

Il provvedimento impugnato ha apoditticamente riferito che “non risulta agli atti alcuna certificazione idonea a consentire la verifica necessaria della ricorrenza delle condizioni di reddito legittimanti la richiesta ammissione”, senza tuttavia indicare le ragioni, rispetto alle due autocertificazioni versate in atti, per le quali le stesse non potevano assicurare la dimostrazione delle condizioni reddituali imposte dalla legge.

A tal fine rileva quanto precisato, sempre dalla giurisprudenza penale di questa Corte secondo cui (Cassazione penale sez. IV, 08/02/2018, n. 8617) in tema di ammissione al gratuito patrocinio, l’impossibilità di produrre l’attestazione relativa ai redditi prodotti all’estero può essere sopperita con la produzione dell’autocertificazione, corredata delle istanze per ottenere la documentazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79.

A tal fine si è chiarito che per integrare il requisito dell’impossibilità non è necessaria l’assoluta impossibilità perchè la sua dimostrazione comporterebbe una prova di per sè incompatibile con un procedimento teso ad assicurare la difesa al non abbiente, finendo per coincidere o con l’esplicito immotivato rifiuto o con l’assenza di possibili contatti con il paese di origine, ricorrente per esempio nell’ipotesi del rifugiato politico.

Resterebbero fuori da una simile restrittiva interpretazione tutte le ipotesi di inadempienza dello Stato interpellato, ancorchè causati da motivazioni di mero ritardo, sinanco quando riferibile a motivi organizzativi.

Si finirebbe così per impedire la difesa a coloro che siano privi di mezzi di sollecitazione dell’autorità competente, idonei ad ottenere il pronto adempimento.

L’interpretazione restrittiva si pone, dunque, in contrasto con la ratio stessa della normativa che, soprattutto nell’ambito del procedimento penale (e lo stesso è a dirsi per il procedimento di protezione internazionale), impone la tempestività dell’intervento statuale per assicurare congrua difesa al non abbiente, incompatibile con lungaggini burocratiche di Stati esteri, a svantaggio dell’istante.

In senso conforme si veda anche Cassazione penale sez. IV, 08/11/2017, n. 53557, secondo cui in tema di patrocinio a spese dello Stato, l’imputato straniero non appartenente all’Unione Europea, ammesso al beneficio in base all’autocertificazione prodotta unitamente alla istanza, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 94, comma 2, in conseguenza di un’allegata impossibilità di produrre la certificazione consolare prevista dall’art. 79, comma 2, dello stesso decreto, non è tenuto ad una ulteriore produzione documentale (conf. Cassazione penale sez. IV, 26/02/2009, n. 21999, secondo cui la presentazione da parte del cittadino di Stati non appartenenti all’Unione Europea, in relazione ai redditi prodotti all’estero, della certificazione dell’autorità consolare competente che confermi la veridicità delle dichiarazioni contenute nella domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato attestanti la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione al beneficio non è prevista a pena di inammissibilità).

E’ stato altresì precisato che (Cassazione penale sez. IV, 08/05/2018, n. 36787) in tema di patrocinio a spese dello Stato, il giudice può vagliare l’attendibilità dell’autocertificazione dell’istante relativa alla sussistenza delle condizioni di reddito richieste dalla legge per l’ammissione al beneficio e rigettare l’istanza ove sussistano indizi gravi, precisi e concordanti circa la disponibilità di risorse economiche non compatibili con quelle dichiarate (fattispecie in cui la Corte, ritenendo che l’istante avesse assolto all’onere minimo di allegazione a suo carico indicando una condizione di assenza di redditi, ha annullato con rinvio il provvedimento con cui era stata respinta l’opposizione avverso il rigetto dell’istanza per la possibile ricorrenza di redditi non documentati, ritenendo meramente apparente la motivazione che prospettava l’esistenza di ulteriori contribuzioni senza esplicitazione delle valutazioni a sostegno di tale conclusione).

Ritiene la Corte di dover assicurare continuità a tali principi, che, declinati nella fattispecie in esame, depongono per l’illegittimità della decisione impugnata.

Manca un preciso riferimento alle due autocertificazioni prodotte da parte del ricorrente al fine della dimostrazione della sua capacità reddituale, ma anche ove si volesse ritenere che il giudizio sia stato espresso previo vaglio delle stesse, la valutazione di inidoneità risulta del tutto apodittica, priva di una concreta esplicazione delle ragioni che imporrebbero il rigetto dell’istanza di ammissione, palesandosi la motivazione resa sul punto del tutto apparente.

L’ordinanza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Catanzaro, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e cassa l’ordinanza impugnata, con rinvio anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Catanzaro in persona di diverso magistrato.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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