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CASSAZIONE & GRATUITO PATROCINIO: MODALITA’ ACCERTAMENTO CONDIZIONI REDDITUALI

CASSAZIONE E GRATUITO PATROCINIO

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La Cassazione (04/07/2022, n. 25342) conferma l’orientamento della  giurisprudenza di legittimità per il quale, ai fini della revoca del beneficio in parola, l’accertamento dei redditi deve avvenire secondo gli ordinari mezzi di prova, comprese le presunzioni semplici di cui all’art. 2724 c.c. tra le quali rientrano il tenore di vita dell’interessato e dei familiari conviventi e qualsiasi altro fatto indicativo della percezione di redditi illeciti (vds. la recente Sez. 4, n. 26056 del 24/07/2020, Schirone, Rv. 280011).

Invero, i requisiti di gravità, precisione e concordanza, indicati dall’art. 2729 c.c., perchè gli indizi possano assurgere in subiecta materia al rango di prova presuntiva, debbono valutarsi con rigore e con adeguato riferimento ai fatti noti, dai quali risalire con deduzioni logiche ai fatti ignorati, il cui significato deve essere apprezzato senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative: ad esempio, possono assumere rilievo a tal fine il tenore di vita dell’interessato e dei familiari conviventi, come pure qualunque altro fatto che riveli la percezione, lecita o illecita, di reddito (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 25044 del 11/04/2007, Salvemini e altri, Rv. 237008; e, più recentemente, Sez. 4, Sentenza n. 15338 del 30/01/2020, Troiano, Rv. 278867).

Inoltre, va osservato che il ricorso alle c.d. presunzioni semplici viene di regola ammesso non tanto in riferimento alla generica sussistenza di fonti di reddito non dichiarate dall’instante, quanto solo in riferimento al presumibile superamento del limite di reddito stabilito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per non abbienti nei casi particolari di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4-bis (cfr. ad es. Sez. 4, Sentenza n. 30499 del 17/06/2014, Nave, Rv. 262242; Sez. 4, Sentenza n. 9703 del 20/11/2012, dep. 2013, Cantales e altro, Rv. 254932).

Riportiamo di seguito il testo integrale della sentenza Cassazione  04/07/2022, n. 25342. 

Alberto Vigani

per Associazione Art. 24 Cost.

***

 

Cass. pen., Sez. IV, Sent., (data ud. 01/06/2022) 04/07/2022, n. 25342

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente –

Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere –

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere –

Dott. RICCI Anna Luisa Angela – Consigliere –

Dott. PAVICH Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S.D., nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 18/03/2021 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA;

udita la relazione svolta dal Consigliere PAVICH GIUSEPPE;

lette/sentite le conclusioni del PG.
Svolgimento del processo

1. S.D. ricorre avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato il ricorso in opposizione da lui presentato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 99, e art. 702-bis c.p.c. avverso il decreto con il quale, il 7 settembre 2020, era stata rigettata la sua istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per non abbienti.

Nel provvedimento impugnato si deduce che il beneficio chiesto dal S. ha formato oggetto di provvedimento di rigetto essendo il medesimo instante gravato da precedenti penali per reati in tema di stupefacenti e contro il patrimonio tali da far presumere che la sua posizione reddituale non fosse conforme alle condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76 e 92: tali precedenti hanno indotto il Tribunale a ritenere che l’interessato vivesse di proventi di natura illecita.

2. A fondamento del ricorso il S. articola cinque motivi di doglianza.

2.1. Con il primo motivo l’esponente lamenta violazione di legge, richiamando alcuni arresti della giurisprudenza di legittimità sul punto e deducendo che il Tribunale reggino, a fronte dell’autocertificazione riguardante i redditi del S. posta a corredo dell’istanza, ha omesso di chiedere integrazione documentale, prendendo in esame del tutto genericamente i suoi precedenti penali al fine di presumere un reddito illecito da parte sua, senza quindi esaminare il suo tenore di vita e le sue condizioni personali e familiari: la presunzione formulata dal Tribunale non è supportata da alcunchè e, oltretutto, risulta riferita a reati per lo più risalenti nel tempo (due reati in tema di stupefacenti e una rapina commessa nel 2013); il Tribunale, nell’ordinanza impugnata, ha presunto che il S. non avesse diritto al beneficio richiesto per le sue condizioni di reddito senza neppure esperire verifiche al riguardo, come previsto dal D.P.R. art. 96, comma 2 cit..

2.2. Con il secondo motivo l’esponente, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, lamenta che il Tribunale, a fronte della dimostrazione del ricorrente circa il suo stato di povertà, ha omesso di attivarsi con “ogni necessario strumento di indagine”, come pure richiesto dalla giurisprudenza: nella specie l’ISEE del S. indica un reddito annuo di 8.459 Euro.

2.3. Con il terzo motivo il deducente lamenta violazione di legge a proposito della mancata integrazione documentale a fronte del ricorso in opposizione.

2.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta violazione di legge con riguardo al valore probatorio dell’autocertificazione a corredo dell’istanza.

2.5. Con il quinto motivo si denuncia violazione degli artt. 2, 3 e 24 Cost., in relazione all’applicazione di presunzione assoluta di inammissibilità del gratuito patrocinio.

3. Nella sua requisitoria scritta, il procuratore generale presso la corte ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato, nei termini che appresso si illustrano.

1.1. Posto, infatti, che ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 1, lett. c), prevede la presentazione, da parte dell’istante, di una dichiarazione sostitutiva, dalla quale risulti la “specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell’art. 76”, è assorbente il rilievo in base al quale non può tuttavia argomentarsi in modo univoco la non accoglibilità della richiesta sulla sola base di precedenti penali insufficienti a far ritenere che l’interessato abbia percepito redditi illeciti non dichiarati nell’anno di riferimento.

A fronte di ciò, come correttamente evidenziato dall’esponente, la normativa vigente offre all’autorità giudiziaria procedente strumenti idonei per verificare le effettive condizioni reddituali, patrimoniali e familiari dell’interessato: non solo a posteriori, attraverso le verifiche di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 98 demandate all’Ufficio finanziario competente per territorio, ma anche “prima di provvedere”, esercitando la facoltà conferita al giudicante dall’art. 96, comma 2, dello stesso D.P.R., ossia trasmettendo l’istanza, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva, alla Guardia di Finanza, per le necessarie verifiche.

1.2. A parte tale non trascurabile elemento, deve ricordarsi che il cennato art. 96, comma 2, stabilisce che l’istanza va respinta “se vi sono fondati motivi per ritenere che l’interessato non versa nelle condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76 e 92 “tenuto conto delle risultanze del casellario giudiziale, del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte”.

A proposito della fondatezza dei motivi per rigettare l’istanza, secondo la giurisprudenza di legittimità, è noto che, ai fini della revoca del beneficio in parola, l’accertamento dei redditi deve avvenire secondo gli ordinari mezzi di prova, comprese le presunzioni semplici di cui all’art. 2724 c.c. tra le quali rientrano il tenore di vita dell’interessato e dei familiari conviventi e qualsiasi altro fatto indicativo della percezione di redditi illeciti (vds. la recente Sez. 4, n. 26056 del 24/07/2020, Schirone, Rv. 280011); e che i requisiti di gravità, precisione e concordanza, indicati dall’art. 2729 c.c., perchè gli indizi possano assurgere in subiecta materia al rango di prova presuntiva, debbono valutarsi con rigore e con adeguato riferimento ai fatti noti, dai quali risalire con deduzioni logiche ai fatti ignorati, il cui significato deve essere apprezzato senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative: ad esempio, possono assumere rilievo a tal fine il tenore di vita dell’interessato e dei familiari conviventi, come pure qualunque altro fatto che riveli la percezione, lecita o illecita, di reddito (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 25044 del 11/04/2007, Salvemini e altri, Rv. 237008; e, più recentemente, Sez. 4, Sentenza n. 15338 del 30/01/2020, Troiano, Rv. 278867).

1.3. In tale quadro, non può dirsi corretta, per la sua apoditticità, l’osservazione, contenuta nell’ordinanza impugnata, secondo la quale il S. sarebbe di fatto inattendibile nella sua dichiarazione a fini reddituali, sul rilievo che egli è gravato da alcuni precedenti per rapina (2013) e in materia di stupefacenti (questi ultimi seguiti da un periodo di detenzione). Invero tali circostanze, che nel percorso argomentativo vengono poste a base della decisione impugnata, non possono qualificarsi come specifici ed oggettivi elementi fattuali di tale portata da far ritenere che il S. percepisse rediti illeciti nel periodo di riferimento dell’istanza e che quanto dichiarato dall’instante a proposito dei propri redditi sia viziato da falsità o reticenza.

1.4. Oltre a ciò, va osservato che il ricorso alle c.d. presunzioni semplici viene di regola ammesso non tanto in riferimento alla generica sussistenza di fonti di reddito non dichiarate dall’instante, quanto in riferimento al presumibile superamento del limite di reddito stabilito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per non abbienti nei casi particolari di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4-bis (cfr. ad es. Sez. 4, Sentenza n. 30499 del 17/06/2014, Nave, Rv. 262242; Sez. 4, Sentenza n. 9703 del 20/11/2012, dep. 2013, Cantales e altro, Rv. 254932): casi nei quali non risulta rientrare quello oggetto del ricorso in esame.

2. Pertanto la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta così carente sotto il profilo argomentativo da palesarsi come apparente, in quanto basata su argomentazioni di puro genere e di asserzioni apodittiche e prive di efficacia dimostrativa (cfr. Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, Vassallo, Rv. 263100), di tal che sussiste la denunciata violazione di legge. S’impone dunque l’annullamento della stessa con rinvio al Presidente del Tribunale di Reggio Calabria, che rivaluterà l’istanza avanzata dall’interessato alla luce dei principi dianzi enunciati, se del caso esercitando i poteri officiosi conferiti dalla legge, onde stabilire se l’instante possa o meno essere ammesso al beneficio richiesto.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria.
Conclusione

Così deciso in Roma, il 1 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2022

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