GRATUITO PATROCINIO: SERVE PROVA DELLA CERTIFICAZIONE CONSOLARE?

GRATUITO PATROCINIO: PUÒ ESSERE RICHIESTA AL RICHIEDENTE PROTEZIONE INTERNAZIONALE LA CERTIFICAZIONE CONSOLARE DEI REDDITI PRODOTTI NEL PAESE ESTERO DI ORIGINE?

 GRATUITO PATROCINIO SERVE PROVA CERTIFICAZIONE CONSOLARE

GRATUITO PATROCINIO SERVE PROVA CERTIFICAZIONE CONSOLARE

Il TUSG (DPR 115/2002) prevede all’art. 79 (sub A.), per i redditi prodotti all’estero, che il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea corredi l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato con una certificazione dell’autorità consolare competente attestante la veridicità di quanto in essa indicato.

Detta norma del TUSG è collocata nel capo III del titolo I del provvedimento legislativo, ovvero nella parte che detta le “Disposizioni generali sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale,civile, amministrativo, contabile e tributario” e vede appunto disciplinare il contenuto dell’istanza per l’ammissione al beneficio.

In altra parte del testo unico si va a regolare quanto inerisce i singoli processi e, per quanto concerne quello penale, il successivo art. 94 (sub B.) dispone che, in caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta ai sensi dell’articolo 79, comma 2 (sub A.), il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea la sostituisce, a pena di inammissibilità, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione.

Pertanto, nel processo penale viene richiesta la certificazione consolare a meno che non vi sia l’impossibilità ad ottenerla, nel qual caso essa è sostituibile con apposita autocertificazione del richiedente la protezione.

Sul punto manca nel Testo Unico una pari norma in materia di processo civile, contabile ed amministrativo.

A seguito delle domande di ammissione al beneficio da parte dei richiedenti asilo si è posta la questione della necessità, o meno, di una qualche di prova dell’avvenuta impossibilità ad ottenere e produrre la certificazione consolare richiesta dall’art. 79 (sub A.) precitato per i casi di richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato da parte di soggetti istanti la protezione internazionale.

In epoca seguente al Testo Unico, proprio con riferimento alla fattispecie della certificazione consolare, è sopraggiunta la norma regolamentare di cui all’art. 8 del  DPR 12 gennaio 2015, n. 21 (sub C.) disponente che, ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio richiesto dai soggetti istanti la protezione internazionale, la documentazione prevista dall’articolo 79 (sub A.) del decreto  del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituita da una  dichiarazione sostitutiva di certificazione resa dall’interessato. Nonostante ciò, la sostituzione prevista per legge non pare risolversi a favore del richiedente la protezione esonerandolo dal provare di essersi adoperato per ottenere la certificazione consolare.

Invero, il precedente DLgs 25 del 2008, intitolato “Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato”, all’art. 16 (sub D.) che è rubricato “Diritto all’assistenza e alla rappresentanza legali”, prevede che allo straniero venga garantito il patrocinio tecnico in sede giurisdizionale e l’ammissione al gratuito patrocinio ove ricorrano le condizioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115: in riferimento a ciò statuisce altresì che in ogni caso per l’attestazione dei redditi prodotti all’estero si applica l’articolo 94 del medesimo decreto (sub B.).

Pur in difetto di normazione specifica nel testo unico –  sul modello di ciò che è disposto all’art. 94 (sub B.) per il processo penale, vi è un richiamo espresso alla disposizione processual penalistica da parte della medesima  norma specialistica riguardante i richiedenti la protezione internazionale: in tal modo vi è una precisazione anche per essi che, in caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta ai sensi dell’articolo 79, comma 2 (sub A.), il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea, la sostituisce, a pena di inammissibilità, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione. La lettura piana della norma porta a cogliere che l’autocertificazione sia producibile SOLO quando non sia possibile produrre l’apposita certificazione consolare di cui all’art. 79 del TUSG (sub A.); da ciò consegue che il richiedente la protezione internazionale istante l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato –  sotto pena di inammissibilità della domanda – debba fornire almeno un qualche elemento di prova dell’impossibilità a produrre la certificazione consolare richiesta dal citato art. 79 del DPR 115/2002 (sub A.).

Sul punto non aggiunge altro la Giurisprudenza di legittimità (sub E. e F.) che ha sempre esaminato casi esogeni alla richiesta di protezione internazionale e limitandosi alla materia processual penalistica ove è ex lege dirimente il solo art. 94 TUSG (sub B.)  che vede, in recenti sentenze, confermare la sostituibilità della certificazione consolare non ottenibile, previa prova della richiesta della medesima, con apposita autocertificazione – in ogni caso sempre ammessa.

Rilevante è invece una recentissima sentenza del Tribunale Amministrativo lagunare, T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, 20/05/2019, n. 615 (sub G.), ove si precisa che :

 

  • “Considerato che l’art. 94, comma 2, del d.P.R. n. 115/2002 subordina la possibilità, per il cittadino di Stati non appartenenti alla U.E., di sostituire la certificazione consolare di cui al cit. art. 79, comma 2, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione, al verificarsi di una situazione di “impossibilità” (e non di semplice difficoltà), per il richiedente, di produrre la documentazione in discorso;
  • ….. Ritenuto che lo status di richiedente protezione internazionale non può reputarsi di per sé incompatibile con l’ottenimento della certificazione ex art. 79, comma 2, cit.;
  • Considerato che, a diverse conclusioni, non può condurre l’art. 8 del d.P.R. n. 21/2015, trattandosi di norma regolamentare che, in base al principio di gerarchia delle fonti, non può derogare alla fonte legislativa;

 

  • Considerato, altresì, che l’art. 16 del d.lgs. n. 25/2008, richiamato dal ridetto art. 8, fa salvo l’art. 94 del d.P.R. n. 115 cit. e, dunque, conferma che presupposto ineludibile per sostituire il certificato consolare ex art. 79, comma 2, cit. con la semplice autocertificazione dell’interessato è l’impossibilità di produrre l’attestazione consolare, di cui deve essere fornita prova ad opera del richiedente protezione internazionale”.

Il disposto pare chiaro.

Per queste ragioni, la giurisdizione amministrativa affronta proprio il caso dell’ammissione al beneficio di Stato del richiedente la protezione e

  1. sia coglie il richiamo dell’art. 16 del d.lgs. n. 25/2008, con il rinvio all’art. 94 del DPR 115/2002;
  2. sia innova ed implementa la motivazione avversa al richiedente protezione affermando che non vi può essere esonero invocando l’art. 8 del d.P.R. n. 21/2015, perché trattasi di norma regolamentare che, in base al principio di gerarchia delle fonti, non può derogare alla fonte legislativa.

Per quanto occorrer possa, è poi da dirsi che nulla offre contro questa lettura la Nota di UNHCR (sub H.) dell’aprile 2016 che, cercando di ricordare il solo art. 8 del DPR n. 21/2015 (sub C.), non coglie la conflittualità del medesimo con l’art. 16 del d.lgs. n. 25/2008 (sub D.) e gli artt. 79 e. 94 del d.P.R. n. 115 citato (sub A. e B.), nonché ancor prima omette ogni valutazione della diversa gerarchia delle fonti.

Si ha quindi conferma che pure per i richiedenti protezione internazionale, nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, vi deve essere corredo della prova dell’impossibilità della certificazione consolare attestante i redditi presenti provenienti dal paese di origine e ciò a pena di inammissibilità della domanda medesima domanda.

Alberto Vigani

per Associazione Art. 24 Cost.

 




 

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I riferimenti normativi sono:

  • A. DPR 115-2002 – Art. 79 (Contenuto dell’istanza)
  • B. DPR 115-2002 – Art. 94 (Impossibilità a presentare la documentazione necessaria ad accertare la veridicità)
  • C. DPR 12 gennaio 2015, n. 21 – Art. 8 (Disposizioni sul ricorso giurisdizionale)
  • D. DLgs 25 del 2008 – Art. 16 (Diritto all’assistenza e alla rappresentanza legali)

I riferimenti giurisprudenziali  sono:

  • E. CASS. PEN. Sent. 22 febbraio 2018, n. 8617
  • F. CASS. PEN. Sent., 08 novembre 2017, n. 53557
  • G. T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, 20/05/2019, n. 615

I riferimenti di prassi sono:

  • H. NOTA SU QUESITO – UNHCR APRILE 2016

 

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Si riporta di seguito il testo integrale dei riferimenti richiamati in indice.

A. DPR 115-2002 – Art. 79 (Contenuto dell’istanza)

  1. L’istanza è redatta in carta semplice e, a pena di inammissibilita’, contiene:
  2. a) la richiesta di ammissione al patrocinio e l’indicazione del processo cui si riferisce, se già pendente;
  3. b) le generalità dell’interessato e dei componenti la famiglia anagrafica, unitamente ai rispettivi codici fiscali;
  4. c) una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell’interessato, ai sensi dell’articolo 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalita’ indicate nell’articolo 76;
  5. d) l’impegno a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell’anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell’istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione.
  6. Per i redditi prodotti all’estero, il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea correda l’istanza con una certificazione dell’autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato.
  7. Gli interessati, se il giudice procedente o il consiglio dell’ordine degli avvocati competente a provvedere in via anticipata lo richiedono, sono tenuti, a pena di inammissibilità dell’istanza, a produrre la documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto in essa indicato.

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B. DPR 115-2002 – Art. 94 (Impossibilità a presentare la documentazione necessaria ad accertare la veridicità) 

  1. In caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta dall’articolo 79, comma 3, questa è sostituita, a pena di inammissibilità, da una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell’interessato.
  2. In caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta ai sensi dell’articolo 79, comma 2, il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea, la sostituisce, a pena di inammissibilità, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione.
  3. Se il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea è detenuto, internato per l’esecuzione di una misura di sicurezza, in stato di arresto o di detenzione domiciliare ovvero è custodito in un luogo di cura, la certificazione dell’autorità consolare, prevista dall’articolo 79, comma 2, può anche essere prodotta, entro venti giorni dalla data di presentazione dell’istanza, dal difensore o da un componente della famiglia dell’interessato.

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C. DPR 12 gennaio 2015, n. 21 – Art. 8  (Disposizioni sul ricorso giurisdizionale)

Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale a norma dell’articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25. (15G00029)

  1. Ai  fini  dell’ammissione  al gratuito patrocinio  ai sensi dell’articolo 16   del decreto, la documentazione    prevista dall’articolo 79 del decreto del  Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituita da una  dichiarazione sostitutiva di certificazione resa dall’interessato
  2. Qualora il cittadino straniero sia sprovvisto di un difensore di fiducia  è assistito da un difensore designato dal giudice nell’ambito dei soggetti iscritti nella tabella di  cui all’articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo  28 luglio 1989, n. 271.
  3. Al richiedente asilo che ha proposto ricorso  sono riconosciute le condizioni di accoglienza previste dall’articolo 36  del decreto, salvo il caso in cui il richiedente sia decaduto dalle medesime condizioni ai sensi dell’articolo 22, comma 2, del decreto.
  4. Fino all’adozione dell’ordinanza cautelare di  cui all’articolo 19, comma 5, del decreto legislativo 1° settembre 2011,  n. 150, il richiedente rimane nel centro in cui si trova.

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D. DLgs 25 del 2008 – Art. 16 (Diritto all’assistenza e alla rappresentanza legali)

  1. Il cittadino straniero può farsi assistere, a proprie spese, da un avvocato.
  2. Nel caso di impugnazione delle decisioni in sede giurisdizionale, il cittadino straniero è assistito da un avvocato ed è ammesso al gratuito patrocinio ove ricorrano le condizioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. In ogni caso per l’attestazione dei redditi prodotti all’estero si applica l’articolo 94 del medesimo decreto.

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E. CASS. PEN. Sent. 22 febbraio 2018, n. 8617

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Sentenza 22 febbraio 2018, n. 8617

Presidente Fumu

Relatore Nardin

Fatto e diritto

  1. Con provvedimento in data 19 gennaio 2017 del Tribunale di Arezzo ha rigettato l’opposizione al decreto del giudice monocratico con cui era stata respinta l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato proposta da I.M.O. . L’ordinanza ha ritenuto inammissibile l’istanza in quanto corredata dall’autocertificazione sui redditi prodotti all’estero e non dall’attestazione dell’autorità consolare del Marocco, benché la sua produzione non potesse essere considerata “impossibile” ai sensi dell’art. 94 d.p.r. 115/2002, ma solo tardivamente richiesta dall’interessato.
  2. Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione I.M.O. , a mezzo del suo difensore, affidandolo ad un unico motivo, con cui lamenta vizio di violazione di legge in relazione agli art. 79 e 94 del d.p.r. 115/2002, per non avere l’ordinanza del Tribunale di Arezzo tenuto in considerazione che l’I. aveva richiesto la certificazione all’autorità consolare in data 18 febbraio 2016 e successivamente in data 8 marzo 2016. La domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, invece, era stata presentata munita dell’autocertificazione di cui all’articolo 94 cit. solo il 6 maggio 2016, quindi dopo un tempo congruo per ottenere dall’autorità consolare la documentazione richiesta, che non aveva provveduto, rendendo cosi’ impossibile la produzione della certificazione.
  3. Con requisitoria scritta il Procuratore della Repubblica presso la Suprema Corte di Cassazione chiede l’annullamento con rinvio per nuovo esame del provvedimento, rilevando che l’attestazione delle condizioni di reddito può comportare rigetto dell’istanza solo se dipenda dalla negligenza dell’interessato, non potendo tornare a svantaggio di quest’ultimo le inadempienze non a lui direttamente imputabili.
  4. Il ricorso è fondato.
  5. Secondo l’ordinanza impugnata l’istante ha presentato insieme con la domanda un’autocertificazione attestante il reddito complessivo percepito nell’anno di competenza, non producendo, invece, l’attestazione dell’autorità consolare del Marocco, in quanto non rilasciata tempestivamente, benché ripetutamente richiesta.
  6. Ora, va osservato che se l’art. 79, recita “Per i redditi prodotti all’estero, il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione Europea correda l’istanza con una certificazione dell’autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato.”, nondimeno, l’art. 94, comma 2, consente “In caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta ai sensi dell’articolo 79, comma 2, il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione Europea, la sostituisce, a pena di inammissibilità, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione”.
  7. Per integrare il requisito dell’impossibilità, tuttavia, non è necessaria l’assoluta impossibilità perché la sua dimostrazione comporta una prova di per sé incompatibile con un procedimento teso ad assicurare la difesa al non abbiente, finendo per coincidere o con l’esplicito immotivato rifiuto o con l’assenza di possibili contatti con il paese di origine, ricorrente per esempio nell’ipotesi del rifugiato politico. Resterebbero fuori da una simile restrittiva interpretazione tutte le ipotesi di inadempienza dello Stato interpellato, ancorché causati da motivazioni di mero ritardo, sinanco quando riferibile a motivi organizzativi. Si finirebbe così per impedire la difesa a coloro che siano privi di mezzi di sollecitazione dell’autorità competente, idonei ad ottenere il pronto adempimento. L’interpretazione restrittiva si pone, dunque, in contrasto con la ratio stessa della normativa che, soprattutto nell’ambito del procedimento penale, impone la tempestività dell’intervento statuale per assicurare congrua difesa al non abbiente, incompatibile con lungaggini burocratiche di Stati esteri, a svantaggio dell’istante.

Deve, pertanto, concludersi affermando che l’impossibilità di produrre l’attestazione relativa ai redditi prodotti all’estero può essere sopperita con la produzione dell’autocertificazione, corredata delle istanze per ottenere la documentazione di quell’art. 79 cit.. (In questo senso Cfr. Cass. 26.2.2009 n. 21999, secondo cui “il concetto di impossibilità a produrre la documentazione in questione, di cui al richiamato art. 94, comma 2, non può essere assunto in termini assoluti, né può accollarsi al richiedente l’onere della relativa prova, come ha fatto il giudice del merito. Tale rigorosa interpretazione appare in contrasto con i principi generali dell’ordinamento che tende verso una sostanziale esplicazione del diritto di difesa”).

  1. Va, dunque, disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Arezzo.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Arezzo per nuovo giudizio.

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F. Cass. pen. Sez. IV Sent., 08/11/2017, n. 53557

In tema di patrocinio a spese dello Stato, l’imputato straniero non appartenente all’Unione Europea, ammesso al beneficio in base alla autocertificazione prodotta unitamente alla istanza, ai sensi dell’art. 94, comma 2, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, in conseguenza di un’allegata impossibilità di produrre la certificazione consolare prevista dall’art. 79, comma 0, dello stesso decreto, non è tenuto ad una ulteriore produzione documentale. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato l’ordinanza di rigetto dell’opposizione proposta avverso il decreto con il quale la corte di appello aveva revocato, in sede di liquidazione dei compensi, l’ammissione al beneficio già concesso, sul presupposto che la parte interessata non aveva provveduto a depositare, nel termine previsto dall’art. 94, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, la certificazione consolare). (Annulla con rinvio, App. Genova, 23/11/2016)

FONTI

CED Cassazione, 2017

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 08-11-2017) 27-11-2017, n. 53557

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROMIS Vincenzo – Presidente –

Dott. CAPPELLO Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. TANGA Antonio L. – Consigliere –

Dott. BRUNO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. COSTANTINI Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

K.M. (OMISSIS);

avverso la ordinanza del PRESIDENTE delegato della CORTE d’APPELLO di GENOVA in data 23/11/2016;

visti gli atti;

fatta la relazione dal Cons. Dott. Gabriella CAPPELLO;

lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Dott. GALLI Massimo, il quale ha chiesto l’annullamento del provvedimento con rinvio al Presidente della Corte d’appello di Genova per nuovo esame.

Svolgimento del processo

  1. Con ordinanza in data 23/11/2016, il Presidente delegato presso la Corte d’appello di Genova ha rigettato l’opposizione ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99, proposta avverso il provvedimento di revoca dell’ammissione del cittadino extra comunitario K.M., detenuto per questa causa, al beneficio del patrocinio a spese dello Stato nel giudizio d’appello avverso la sentenza di condanna dello stesso nel procedimento n. 1509/2016 R.C.A., adottata dal giudice al quale era stata avanzata richiesta di liquidazione degli onorari da parte del difensore.
  2. Avverso detta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore del K., avv. Giovanni Stagnaro, deducendo violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 79, comma 2, anche con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. e all’art. 6 della Convenzione E.D.U..

In particolare, parte ricorrente contesta la lettura della norma operata dal giudicante, rilevando che la revoca del beneficio era conseguente al mancato deposito della certificazione dell’autorità consolare di cui all’articolo citato, laddove l’ammissione era avvenuta sulla scorta della sola autocertificazione rilevando che l’art. citato non prevede alcuna causa di inammissibilità dell’istanza a causa della mancata produzione della certificazione consolare circa il reddito del cittadino extra comunitario richiedente, altresì osservando che, nel caso di specie, non era stata richiesta alcuna documentazione, cosicchè l’omessa produzione non poteva comportare la revoca del beneficio.

Motivi della decisione

  1. Il ricorso va accolto nei termini che si vanno ad esporre.
  2. Con l’ordinanza di rigetto dell’opposizione proposta avverso il decreto, con il quale la Corte d’appello di Genova aveva revocato, in sede di liquidazione dei compensi, l’ammissione al beneficio già concesso al K. in virtù della sola autocertificazione e senza la produzione della certificazione consolare prevista dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 79, comma 2, il giudice ha avallato la decisione adottata, rilevando che la parte interessata non aveva provveduto a depositare, nel termine di cui all’art. 94, comma 3, la certificazione di cui al citato art. 79, comma 2, potendo il beneficio essere revocato anche in caso di accertamento successivo della mancanza originaria dei requisiti.
  3. Il motivo è fondato.

3.1. Devono preliminarmente chiarirsi i termini normativi in cui va inquadrata la fattispecie all’esame.

Il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 79, comma 2 stabilisce che l’istanza di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello stato è inammissibile in tutti i casi in cui difettino i requisiti elencati al comma 1, lett. a), b), c) e d) della stessa norma, laddove il comma 2 prevede, per i redditi prodotti all’estero, che “il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione Europea correda l’istanza con una certificazione dell’autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato”. Il successivo comma 3, inoltre, stabilisce per tutti gli interessati che essi, nel caso in cui il giudice procedente o il consiglio dell’ordine degli avvocati competente a provvedere in via anticipata lo richiedano “…sono tenuti, a pena d’inammissibilità dell’istanza, a produrre la documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto in essa indicato”.

Il cit. D.P.R., art. 94, poi, disciplina le ipotesi di impossibilità per tutti gli interessati (comma 1, con riferimento all’art. 79, comma 3) e per i cittadini di Stato non appartenente all’Unione Europea (comma 2, con riferimento all’art. 79, comma 2), a presentare la documentazione necessaria ai fine della verifica della veridicità, prevedendo uno strumento equipollente, vale a dire, la dichiarazione sostitutiva della certificazione da parte dell’interessato, stabilendo al comma 3, per il caso di cittadini non appartenenti ad uno stato dell’Unione Europea che siano detenuti o custoditi in luogo di cura, che la certificazione consolare possa essere prodotta, entro il termine di giorni venti dalla presentazione dell’istanza, anche dal difensore o da un componente della famiglia dell’interessato.

Quanto alla decisione dell’istanza di ammissione e al relativo procedimento, ivi compresi i connessi poteri istruttori del giudice, gli stessi sono disciplinati dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95, e ss., laddove la revoca del beneficio già concesso è disciplinata dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 112 che, ai fini qui d’interesse, prevede alla lett. c) il caso in cui, nei termini di cui all’art. 94, comma 3 or ora richiamato, non sia stata prodotta la certificazione consolare; alla lett. d) l’ipotesi in cui, d’ufficio o su richiesta dell’ufficio finanziario, in ogni momento e, comunque, non oltre cinque anni dalla definizione del processo, risulti provata la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di reddito di cui agli artt. 76 e 92.

3.2. Ciò premesso, deve chiarirsi che, nel caso di specie, la revoca del beneficio è intervenuta per mancata produzione della sola certificazione consolare, poichè l’ammissione, secondo quanto affermato dal giudice nel provvedimento impugnato, era stata disposta in base alla autocertificazione sostitutiva contenuta nella stessa istanza. Parimenti, deve ritenersi che tale autocertificazione fosse stata tempestivamente prodotta dalla parte in conseguenza di un’allegata impossibilità di produrre la certificazione consolare, debitamente scrutinata dal giudice competente (circostanza sulla quale, invero, nulla è specificato nell’ordinanza impugnata).

3.3. Ciò premesso, questa sezione ha già affermato che l’istanza presentata dall’imputato straniero detenuto non può essere dichiarata inammissibile per la mancata produzione della certificazione consolare relativa ai redditi eventualmente prodotti all’estero, ma il decreto di ammissione al beneficio può essere successivamente revocato se entro i termini di legge tale certificazione non venga prodotta (cfr. sez. 4 n. 17003 del 15/01/2009, Rv. 243477). In quella sede, peraltro, questa Corte ha precisato che ove il giudice non abbia provveduto alla revoca, il decreto non può essere successivamente revocato da altro giudice se la certificazione sia stata poi prodotta, tale tardiva produzione non avendo carattere invalidante della dichiarazione sostitutiva (cfr. sez. 4 n. 43312 del 28/10/2008, Rv. 242035).

Peraltro, nei precedenti testè richiamati, la S.C. ha puntualmente ricostruito i termini della questione, partendo da un rinvio a quanto incidentalmente affermato anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 369 del 2007, a proposito della mancata produzione della certificazione consolare, che comporta l’inammissibilità della domanda soltanto in difetto (non anche in presenza) della dichiarazione sostitutiva di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 94, comma 2.

Nè può ritenersi previsto, a pena di inammissibilità della domanda, il rispetto del termine, decorrente dalla data di presentazione della stessa, entro il quale, a norma dell’art. 94, comma 3, il detenuto può produrre la certificazione, atteso che, in caso di omessa produzione, il decreto di ammissione va revocato, a norma del citato D.P.R., art. 112, comma 1, lett. c), a cura del giudice che procede al momento della scadenza dei termini (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 112, comma 3).

Inoltre, la revoca intervenuta nel caso in esame non va confusa con quella disciplinata dall’art. 112, comma 1, lett. d) che va disposta, anche se il processo è ormai definito (purchè non oltre cinque anni dalla sua definizione), qualora risulti provata la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di reddito di cui agli artt. 76 e 92. Nel caso di specie, infatti, non risulta tale presupposto di fatto (vale a dire l’accertato difetto, originario o sopravvenuto, delle condizioni di reddito), ma unicamente la mancata produzione della certificazione consolare, necessaria al fine di consentire al giudice di verificare la veridicità della dichiarazione sostitutiva, situazione che rileva esclusivamente con riguardo al caso di revoca di cui all’art. 112, comma 1, lett. c), nel caso in cui, cioè, nei termini previsti dall’art. 94, comma 3, non sia stata prodotta la certificazione consolare.

Va, peraltro, considerato che il giudice aveva la possibilità, attribuita dall’art. 96, comma 2, in presenza di fondati motivi per ritenere che l’interessato non versasse nelle indicate condizioni di reddito, di respingere l’istanza, ciò che non risulta esser stato disposto, non essendo neppure emerso che, prima di provvedere, l’istanza sia stata trasmessa, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva, alla Guardia di Finanza per le necessarie verifiche.

3.4. Deve, dunque, ritenersi che, nel caso all’esame, la Corte d’appello abbia ammesso il K. al patrocinio dei non abbienti sulla base della sola dichiarazione sostitutiva della certificazione – il che sposta l’attenzione sull’art. 94, comma 2, che consente detta sostituzione in caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta ai sensi dell’art. 79, comma 2 – e che abbia, pertanto, accertato la sussistenza di detta impossibilità.

Sul punto specifico, questa stessa sezione ha già precisato che, nel caso in cui l’interessato, cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione Europea, abbia allegato all’istanza l’autocertificazione prevista dal D.P.R. 115 del 2002, art. 94, comma 2, egli si trova già nelle condizioni di godere del beneficio (fatti salvi, si aggiunge in questa sede, i poteri istruttori e di verifica di cui al cit. D.P.R., art. 96 e ss.,), senza che occorra una ulteriore produzione documentale. La eventuale tardiva presentazione della certificazione consolare, peraltro, non potrà inficiare la validità e l’efficacia delle autocertificazioni tempestivamente prodotte, la stessa non essendo più necessaria perchè legittimamente sostituita dalla dichiarazione sostituiva (cfr. in motivazione sez. 4 n. 21999 del 26/02/2009).

Peraltro, dall’ordinanza impugnata non è neppure emerso che la produzione della certificazione sia stata sollecitata dal giudice che ha disposto l’ammissione del K. al beneficio e, se si considera che non risulta che il provvedimento ammissivo sia stato impugnato, non può che ritenersi preclusa ogni ulteriore valutazione in merito, anche se incidentale, da parte del giudice chiamato a decidere sull’istanza di liquidazione del compenso al difensore.

  1. La decisione impugnata, siccome affetta dal vizio denunciato, va quindi annullata con rinvio per nuovo esame al Presidente della Corte d’appello di Genova che si atterrà ai principi enunciati.

P.Q.M.

Annulla l’impugnato provvedimento e rinvia per nuovo esame al Presidente della Corte d’Appello di Genova.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2017

***

G. T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, 20/05/2019, n. 615

C.A. c. Ministero dell’Interno

In tema di processo amministrativo e gratuito patrocinio, l’art. 94, comma 2, del D.P.R. n. 115 del 2002 subordina la possibilità, per il cittadino di Stati non appartenenti alla U.E., di sostituire la certificazione consolare di cui al cit. art. 79, comma 2, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione, al verificarsi di una situazione di “impossibilità” la cui prova grava in capo al richiedente (Prova nel caso di specie non data).

FONTI

Massima redazionale, 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 400 del 2019, proposto da 
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Dario Suriano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento della Prefettura di -OMISSIS- del 21.02.2019 prot. 12987 di revoca della misura di accoglienza.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2019 il dott. Marco Rinaldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Premesso che la ricorrente, richiedente protezione internazionale, ha impugnato il provvedimento con il quale il Prefetto ha revocato, ai sensi dell’art. 23, co. 1 lett a) del D. Lgs. 18.8.2015, n. 142, le misure di accoglienza disposte in suo favore, a motivo del fatto che, secondo le comunicazioni del gestore della struttura presso la quale è ospitata, la straniera “in data 11 febbraio 2019 è risultata assente al consueto controllo notturno delle presenze nella struttura senza aver preliminarmente ottenuto la necessaria autorizzazione in merito”;

Ritenuto il ricorso fondato in quanto, secondo quanto comunicato dallo stesso gestore del centro di accoglienza, la straniera è successivamente rientrata nella struttura, il suo allontanamento dal centro di accoglienza è stato momentaneo e dovuto a ragioni contingenti (la straniera veniva sorpresa dal controllore senza biglietto e fatta scendere sull’autobus, sicchè la stessa doveva far rientro nel centro con mezzi privati);

Ritenuto, in ogni caso, il ricorso fondato, sotto il profilo della violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, per omessa comunicazione di avvio del procedimento di revoca, in quanto il provvedimento impugnato, a carattere sanzionatorio, ha natura discrezionale e postula pertanto una valutazione in concreto della singola fattispecie, anche sotto il profilo della proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità delle condotte contestate, da effettuarsi, in assenza di situazioni di urgenza qualificata, soltanto a seguito di un pieno ed effettivo contraddittorio procedimentale;

Ritenuto, pertanto, di dover annullare il provvedimento impugnato;

Ritenuto di dover revocare l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato disposta in via provvisoria dalla Commissione, non avendo la straniera prodotto la certificazione dell’autorità consolare di cui all’art. 79, comma 2, del d.P.R. n. 115/2002, recante l’attestazione (se del caso, negativa) dei redditi prodotti all’estero dalla richiedente;

Considerato che la richiedente ha allegato, in luogo della suddetta certificazione, una dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’art. 94, comma 2, del d.P.R. n. 115/2002;

Vista la circolare dell’Ufficio Studi, Massimario e Formazione del Consiglio di Stato prot. n. 0001469 del 9 marzo 2016, avente ad oggetto la “ricognizione normativa in materia di patrocinio a spese dello Stato”;

Considerato che l’art. 94, comma 2, del d.P.R. n. 115/2002 subordina la possibilità, per il cittadino di Stati non appartenenti alla U.E., di sostituire la certificazione consolare di cui al cit. art. 79, comma 2, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione, al verificarsi di una situazione di “impossibilità” (e non di semplice difficoltà), per il richiedente, di produrre la documentazione in discorso;

Considerato che l’interessata non ha fornito alcuna prova della predetta impossibilità;

Ritenuto che lo status di richiedente protezione internazionale non può reputarsi di per sé incompatibile con l’ottenimento della certificazione ex art. 79, comma 2, cit.;

Considerato che, a diverse conclusioni, non può condurre l’art. 8 del d.P.R. n. 21/2015, trattandosi di norma regolamentare che, in base al principio di gerarchia delle fonti, non può derogare alla fonte legislativa;

Considerato, altresì, che l’art. 16 del d.lgs. n. 25/2008, richiamato dal ridetto art. 8, fa salvo l’art. 94 del d.P.R. n. 115 cit. e, dunque, conferma che presupposto ineludibile per sostituire il certificato consolare ex art. 79, comma 2, cit. con la semplice autocertificazione dell’interessato è l’impossibilità di produrre l’attestazione consolare, di cui deve essere fornita prova ad opera del richiedente protezione internazionale;

Ritenuto, pertanto, che l’istanza di ammissione al beneficio presentata dal ricorrente – accolta solo provvisoriamente dalla Commissione, in attesa della produzione del certificato consolare – non possa trovare accoglimento perché priva della necessaria documentazione, attesa la mancanza della certificazione ex art. 79, comma 2, cit.;

Ritenuto che le spese di lite, liquidate come da dispositivo, debbano seguire la regola della soccombenza;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.

Condanna la P.A. a rifondere alla ricorrente le spese di lite, liquidate in € 1000 (euro mille/00), oltre accessori.

Revoca l’ammissione della ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in -OMISSIS- nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Claudio Rovis, Presidente

Marco Rinaldi, Primo Referendario, Estensore

Mara Spatuzzi, Referendario

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Marco Rinaldi

Claudio Rovis

IL SEGRETARIO

***

H. Nota UNHCR aprile 2016 sul quesito:

“E’ ipotizzabile la sussistenza, nell’ordinamento giuridico nazionale, di una norma, prassi o comportamento da parte di organismi pubblici e/o privati, che oneri lo straniero di prendere contatto, a qualsiasi titolo, con la rappresentanza diplomatica del paese di origine e/o di provenienza, nell’ambito della procedura diretta a riconoscimento dello status di beneficiario della protezione internazionale”.

Con comunicazione prevenuta via email in data 7 aprile 2016, è stato chiesto un parere legale in relazione al quesito sopra indicato, che fa riferimento ad una prassi, apparentemente in essere presso taluni consigli dell’Ordine degli Avvocati o Uffici Giudiziari, di subordinare l’ammissione di cittadini stranieri richiedenti asilo al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, in relazione ai procedimenti giurisdizionali avverso le decisioni amministrative relative alla loro domanda di protezione internazionale, alla produzione di una attestazione delle autorità consolari del loro paese di cittadinanza, che documenti l’insussistenza, in quel paese, di fonti di reddito sufficienti a determinarne una condizione di agiatezza economica.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), esprime pareri per promuovere una corretta interpretazione e applicazione della Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato, in linea con la propria responsabilità di supervisione, così come contenuta nel paragrafo 8 dello Statuto in connessione con l’articolo 35 della suddetta Convenzione e dell’articolo II del Protocollo del 1967, nonché sulla base dell’esperienza e della competenza sviluppate negli anni nell’ambito della protezione internazionale dei rifugiati.

In relazione al quesito posto, preme evidenziare come in linea di principio il sistema di protezione determinato dalla Convenzione di Ginevra del 1951 prevede la tutela del rifugiato da persecuzioni nel proprio paese di cittadinanza e che proprio in ragione di ciò è determinante evitare d’imporre contatti con le autorità del paese di origine.

Sul punto interviene con chiarezza l’art. 25 della Convenzione di Ginevra il quale stabilisce che “Allorquando l’esercizio di un diritto da parte di un rifugiato richiederebbe normalmente il concorso di autorità straniere, alle quali non può ricorrere, gli Stati contraenti sul territorio dei quali risiede, faranno in modo che questo concorso gli sia fornito sia dalle loro stesse autorità, sia da un’autorità internazionale”.

Considerando il carattere declaratorio del riconoscimento dello status di rifugiato1, affermato per altro anche dalla legislazione comunitaria (Direttiva “Qualifiche” 2004/83/CE, par. 14) e dalla giurisprudenza italiana, (Corte Cassazione 17 dicembre 1999, n. 907), è da ritenersi che la norma in oggetto vada estensivamente intesa come applicabile anche al richiedente asilo. Una differente interpretazione, imponendo de facto al richiedente contatti con le autorità del suo paese, rischierebbe di vanificare le finalità di protezione che rappresentano la ratio della norma.

Anche la legislazione italiana introduce un principio di riservatezza del procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato, a tutela del richiedente asilo, stabilendo all’art. 25, del D.Lgs 25/08 che “ai fini dello svolgimento della procedura in nessun caso possono essere acquisite informazioni dai presunti responsabili della persecuzione ai danni del richiedente”.

I principi generali sopra richiamati trovano, nella legislazione italiana, ulteriore sviluppo e opportuno chiarimento proprio con riferimento allo specifico quesito posto. L’art. 16, comma 2, del D. Lgs 25/08 (in applicazione degli artt. 20 e 21 della Direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione)) stabilisce infatti che “nel caso di impugnazione delle decisioni in sede giurisdizionale, il cittadino straniero è assistito da un avvocato ed è ammesso al gratuito patrocinio ove ricorrano le condizioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. In ogni caso per l’attestazione dei redditi prodotti all’estero si applica l’articolo 94 del medesimo decreto”. Il richiamato articolo 94, al comma 1, stabilisce a sua volta che “in caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta dall’articolo 79, comma 3, questa è sostituita, a pena di inammissibilità, da una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell’interessato”.

Dal combinato disposto delle due norme succitate, emerge chiaramente che per la legislazione italiana, per i casi di ammissione al patrocinio a spese dello stato presentata dal richiedente asilo (nei giudizi intrapresi avverso i provvedimenti delle Commissioni Territoriali per il Riconoscimento della Protezione Internazionale), la facoltà di produrre una dichiarazione sostitutiva in luogo dell’attestazione consolare in merito agli eventuali redditi prodotti all’estero non è subordinata né alla dimostrazione, né alla allegazione delle ragioni di impossibilità dell’ottenimento di quest’ultima, essendo al contrario prevista “in ogni caso”.

La ratio di tale disposizione consiste, come è evidente, nel fatto che il legislatore ha correttamente ritenuto che l’impossibilità, per il richiedente asilo, di ottenere attestazioni consolare in relazione ai propri redditi esteri debba, con valutazione generale ed astratta, ritenersi dimostrata in re ipsa, senza necessità di ulteriori allegazioni o prove.

Tale lettura è stata, infine, ulteriormente confermata e rafforzata dal DPR 21/2015 (Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale a norma dell’articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25), il quale all’art. 8 testualmente afferma:

“Ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio ai sensi dell’articolo 16 del decreto, la documentazione prevista dall’articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituita da una dichiarazione sostitutiva di certificazione resa dall’interessato”.

Alla luce di tale ulteriore e definitivo chiarimento normativo, può senz’altro incondizionatamente concludersi che, con riferimento al quesito sottoposto e sopra riportato, dal combinato disposto dell’art. 16 del D. Lgs. 25/2008 e dell’art. 8 del D.P.R. 21/2015, il cittadino straniero è esonerato dal produrre la certificazione dell’autorità consolare competente attestante i redditi prodotti all’estero, che è, ad ogni fine di legge, sostituita dalla dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista dall’art. 94 del D.P.R. 115/2002.

Roma, aprile 2016

***

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