GRATUITO PATROCINIO: COMPENSO RICHIEDIBILE DALL’AVVOCATO SOLO DOPO REVOCA

GRATUITO PATROCINIO: L’AVVOCATO PUO’ CHIEDERE I COMPENSI SOLO DOPO LA REVOCA

Cassazione gratuito patrocinio e liquidazione spese

Cassazione gratuito patrocinio e liquidazione spese

In tema di patrocinio a spese dello Stato, l’avvocato della parte che vi sia ammessa non può richiedere al cliente i propri compensi professionali, in assenza di un provvedimento di revoca del beneficio ad opera del giudice del procedimento principale.

Solo all’esito del provvedimento di revoca, potrà chiedere i propri compensi, interamente o, in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali del proprio assistito, dal momento della modifica.

Invero, il sistema per la difesa dei non abbienti demanda al giudice del procedimento in cui è prestato il patrocinio di verificare la sussistenza delle condizioni per l’ammissione e, quando esse vengano meno per effetto del mutamento delle condizioni economiche, il potere di revoca; in quest’ultimo caso, peraltro, proprio perchè la revoca del beneficio non ha effetto retroattivo, al cittadino è garantita l’assistenza a carico dello Stato fino al verificarsi del mutamento delle condizioni.

Tale verifica era, altresì, rilevante perchè, in caso di revoca per il mutamento delle condizioni patrimoniali, doveva essere esclusa l’efficacia retroattiva del provvedimento, sicchè incombeva sullo Stato il pagamento dei compensi fino al momento in cui si era verificato il mutamento delle condizioni patrimoniali.

Cassazione Sez. VI – 2, Ord., (ud. 13-12-2019) 05-06-2020, n. 10669

(Rigetta, TRIBUNALE GORIZIA, 14/09/2018)

FONTI
CED Cassazione, 2020

Alessio Alberti

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Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., (ud. 13-12-2019) 05-06-2020, n. 10669

TRIBUNALE GORIZIA, 14/09/2018)

***

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34190-2018 proposto da:

G.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 145, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO LOMBARDI, rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

B.K., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati FELICITA FAVELLI, NICCOLO’ ANDREONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 389/2018 del TRIBUNALE di GORIZIA, depositata il 14/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIANNACCARI ROSSANA.

Svolgimento del processo

che:

– il giudizio trae origine dal ricorso per decreto ingiuntivo, richiesto dall’Avv. G.B. al Tribunale di Gorizia per le prestazioni professionali svolte in favore di B.K., che aveva difeso in una causa nei confronti della ASL per il risarcimento dei danni derivanti da colpa medica;

– la B. aveva proposto opposizione a decreto ingiuntivo, deducendo l’inadempimento del professionista;

– il Tribunale di Gorizia, con sentenza del 14.9.2018, previo mutamento del rito, fece precisare le conclusioni, accolse l’opposizione e, per l’effetto, revocò il decreto ingiuntivo opposto;

– il Tribunale rilevò d’ufficio che la B., nella causa di risarcimento danni, aveva chiesto il gratuito patrocinio e, sentite le parti in ordine all’applicabilità, del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, ritenne infondata la difesa dell’Avv. G., il quale aveva sostenuto che la B. era decaduta dal beneficio perchè, a seguito del suo matrimonio, il reddito del nucleo familiare superava i limiti per l’ammissione al gratuito patrocinio; secondo il Tribunale, la causa risarcitoria per colpa medica era relativa a diritti della personalità, per la quale non andava effettuata la sommatoria del reddito del richiedente con quello dei componenti del nucleo familiare;

– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Avv. G. sulla base di un unico motivo;

– B.K. ha resistito con controricorso;

– il Consigliere relatore ha formulato proposta di manifesta infondatezza del ricorso ex art. 380 bis c.p.c;

– in prossimità dell’udienza camerale, le parti hanno depositato memorie illustrative.

Motivi della decisione

che:

– con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che la causa risarcitoria per colpa medica, per la quale la B. aveva chiesto il gratuito patrocinio, riguardasse i diritti della personalità mentre si tratterebbe di una causa risarcitoria da inadempimento contrattuale del contratto di spedalità, che solo indirettamente, aveva riflessi sulla salute; si sarebbe, pertanto, verificata la decadenza dal beneficio perchè, a seguito del matrimonio della B., il reddito del nucleo familiare superava i limiti per l’ammissione al gratuito patrocinio;

– il motivo è infondato, ma la motivazione deve essere corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c.;

– il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 85, inserito nel Capo 4 del Titolo 1 della Parte Terza di detto D.P.R., pone al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato il divieto di chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo, diversi da quelli liquidati dal giudice, specificando che la violazione di tale obbligo costituisce grave illecito disciplinare professionale;

– l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato continua a produrre i suoi effetti fino a quando il giudice non disponga la revoca dell’ammissione in presenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136;

– la norma citata contempla, tra le ipotesi di revoca, la modifica, nel corso del processo, delle condizioni reddituali rilevanti ai fini dell’ammissione al patrocinio;

– in tale ipotesi, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 3, la revoca ha effetto dal momento dell’accertamento delle modificazioni reddituali, indicato nel provvedimento del magistrato; in tutti gli altri casi – insussistenza dei presupposti per l’ammissione ovvero i casi in cui l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave il provvedimento ha efficacia retroattiva;

– ne consegue che, una volta richiesta l’ammissione al gratuito patrocinio, la parte può sempre rinunciare al beneficio ed il giudice può revocarlo in assenza delle condizioni di ammissibilità o del venir meno dei presupposti; non è però consentito al difensore richiedere i compensi al cliente in pendenza dell’ammissione provvisoria al gratuito patrocinio;

– tutto il sistema per la difesa dei non abbienti demanda al giudice del procedimento in cui è prestato il patrocinio di verificare la sussistenza delle condizioni per l’ammissione e, quando esse vengano meno per effetto del mutamento delle condizioni economiche, il potere di revoca; in quest’ultimo caso, peraltro, proprio perchè la revoca del beneficio non ha effetto retroattivo, al cittadino è garantita l’assistenza a carico dello Stato fino al verificarsi del mutamento delle condizioni;

– è evidente, quindi, che anche la valutazione relativa alla cumulabilità dei redditi dell’istante con quello del nucleo familiare, è demandata al giudice del procedimento in cui la parte è stata ammessa al gratuito patrocinio;

– è stato di recente affermato da questa Corte che l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fino a quando non sia revocata, continua, pur in caso di composizione della lite, a produrre i suoi effetti, vale a dire l’obbligo dell’Erario di procedere all’anticipazione degli onorari e delle spese dovuti al difensore, il quale, pertanto, ha il diritto alla relativa liquidazione; allo Stato spetta il diritto al relativo recupero, ove ne sussistano le condizioni (Cassazione civile sez. II, 11/04/2019, n. 10187);

– nella specie, il difensore, che era stato ammesso al gratuito patrocinio, non poteva agire in giudizio per chiedere la liquidazione dei compensi professionali nei confronti della propria cliente fino al provvedimento di revoca del gratuito patrocinio da parte del giudice del procedimento innanzi al quale aveva effettuato le proprie prestazioni professionali;

– spettava al giudice innanzi al quale era stato chiesto il beneficio verificare se vi era stato un mutamento delle condizioni patrimoniali della B. e del suo nucleo familiare e se l’eventuale superamento del reddito avesse rilevanza ai fini della revoca, accertando se fosse ammissibile il cumulo del suo reddito con quello dei suoi familiari, in relazione alla natura del diritto fatto valere in giudizio;

– tale verifica era, altresì, rilevante perchè, in caso di revoca per il mutamento delle condizioni patrimoniali, doveva essere esclusa l’efficacia retroattiva del provvedimento, sicchè incombeva sullo Stato il pagamento dei compensi fino al momento in cui si era verificato il mutamento delle condizioni patrimoniali;

– il ricorso va, pertanto, rigettato con correzione della motivazione, ai sensi di cui all’art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto;

– va affermato il seguente principio di diritto: “qualora una parte sia ammessa al gratuito patrocinio, l’avvocato non può chiedere i propri compensi professionali in assenza di un provvedimento di revoca da parte del giudice del procedimento principale; solo all’esito del provvedimento di revoca, potrà chiedere i propri compensi, interamente o, in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali del proprio assistito, dal momento della modifica”;

– le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, il 13 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 5 giugno 2020

 

2 Comments

  1. Buonasera, vorrei se possibile un vostro parere su un caso che mi è successo. Io difendevo parte ricorrente coperta dal grautuito patrocinio.
    In sentenza il Giudice da atto che “alla luce della prevalente soccombenza di parte resistente, a suo carico devono essere poste le spese di lite, con distrazione a favore dell’Erario, in ragione dell’ammissione di parte ricorrente al patrocinio a spese dello Stato e condanna xxx al pagamento delle spese di lite di Yyyy spese che liquida in euro 1.986,00 per compensi professionali (già dimidiati), oltre al 7,5% per rimborso forfettario delle spese generali, oltre spese prenotate a debito, oltre IVA e CPA come per legge, con distrazione a favore dell’Erario..
    Dopo quasi due anni alla mia assistita viene revocato il gratuito patrocinio.
    Orbene per il recupero delle mie spese legali come si procede? E’ necessario una richiesta di correzione della sentenza? il Compenso che era stato dimidiato va raddoppiato? Grazie Cordialità

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