GRATUITO PATROCINIO: LEGITTIMAZIONE IN REVOCA AMMISSIONE

CASSAZIONE: CHI E’ LEGITTIMATO PASSIVO NELLA REVOCA DI AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO?

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GRATUITO PATROCINIO: LEGITTIMAZIONE IN REVOCA AMMISSIONE

La Corte di Casazione anche nel 2019 torna a scrivere in merito al destinatario della notifica del ricorso avverso la revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio.

Il principio

In tema di patrocinio a spese dello Stato, si ribadisce che unico legittimato passivo nel procedimento di opposizione avverso il provvedimento di revoca dell’ammissione al beneficio è il Ministero della Giustizia, poiché esclusivo titolare del rapporto debitorio oggetto del procedimento stesso; analoga legittimazione non può riconoscersi, invece, all’Agenzia delle Entrate, la quale ha unicamente il compito di trasmettere la dovuta informativa reddituale.

Il precedente

La Suprema Corte aveva già avuto occasione di statuire che il procedimento di opposizione al decreto di pagamento del compenso del difensore, di cui all’art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002, deve svolgersi in contraddittorio con il Ministero della Giustizia, trattandosi di un giudizio contenzioso (anche se con patrocinio tecnico facoltativo) avente ad oggetto una controversia di natura civile incidente su un diritto soggettivo patrimoniale, nel quale è parte necessaria il titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento.

Rinvio al tribunale di merito

Sicché, qualora siano stati ivi convenuti l’Agenzia delle entrate ed il P.M., il provvedimento, impugnabile con ricorso ex art. 111 Cost., va cassato per carenza di contraddittorio con una parte necessaria del giudizio e rinviato al tribunale affinché provveda a far notificare il decreto opposto ed il ricorso alla parte effettivamente legittimata.

Ne avevamo già scritto QUI.

NELL’OPPOSIZIONE ALLA LIQUIDAZIONE DEL GRATUITO PATROCINIO SI DEVE CITARE IN GIUDIZIO IL MINISTERO

Riportiamo di seguito la scheda con la giurisprudenza di riferimento e la disciplina.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Inerenti e conformi
Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 29/01/2019, n. 2517

Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 17/10/2017, n. 24423

Cass. civ. Sez. I Sent., 04/03/2016, n. 4266

Difformi Non si rinvengono precedenti

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RIFERIMENTI NORMATIVI

  • Art. 4 legge 260/1958.
  • Art. 111 Cost.
  • D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 170.
  • D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 112.
  • DLT 01/09/2011, n. 150, art. 15.




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DPR 30/05/2002, n. 115
ORDINAMENTO GIUDIZIARIO (GENERALITA’)

Capo VII

Revoca del decreto di ammissione al patrocinio

ART. 112   (Revoca del decreto di ammissione)

1.  Il magistrato, con decreto motivato, revoca l’ammissione:

a)  se, nei termini previsti dall’articolo 79, comma 1, lettera d), l’interessato non provvede a comunicare le eventuali variazioni dei limiti di reddito;
b)  se, a seguito della comunicazione prevista dall’articolo 79, comma 1, lettera d), le condizioni di reddito risultano variate in misura tale da escludere l’ammissione;
c)  se, nei termini previsti dall’articolo 94, comma 3, non sia stata prodotta la certificazione dell’autorità consolare;
d)  d’ufficio o su richiesta dell’ufficio finanziario competente presentata in ogni momento e, comunque, non oltre cinque anni dalla definizione del processo, se risulta provata la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di reddito di cui agli articoli articoli 76 e 92; (116) (118)

2.  Il magistrato può disporre la revoca dell’ammissione anche all’esito delle integrazioni richieste ai sensi dell’articolo 96, commi 2 e 3.

3.  Competente a provvedere è il magistrato che procede al momento della scadenza dei termini suddetti ovvero al momento in cui la comunicazione è effettuata o, se procede la Corte di cassazione, il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato.

4.  Copia del decreto è comunicata all’interessato con le modalità indicate nell’articolo 97.

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ART. 170 

1.  Avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliario del magistrato, del custode e delle imprese private cui è affidato l’incarico di demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione. L’opposizione è disciplinata dall’articolo 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150. (153)

[2.  Il processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato e l’ufficio giudiziario procede in composizione monocratica. (154) ]

[3.  Il magistrato può, su istanza del beneficiario e delle parti processuali compreso il pubblico ministero e quando ricorrono gravi motivi, sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto con ordinanza non impugnabile e può chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione. (154) ]

DLT 01/09/2011, n. 150
CODICE DI PROCEDURA CIVILE
ORDINAMENTO GIUDIZIARIO (GENERALITA’)

Art. 15  Dell’opposizione a decreto di pagamento di spese di giustizia

1.  Le controversie previste dall’articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2.  Il ricorso è proposto al capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell’ufficio del giudice di pace e del pubblico ministero presso il tribunale è competente il presidente del tribunale. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell’ufficio del pubblico ministero presso la corte di appello è competente il presidente della corte di appello. (12) (13)

3.  Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.

4.  L’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto dall’articolo 5.

5.  Il presidente può chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione.

6.  L’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile.

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In calce riportiamo il testo integrale dell’ordinanza: Cass. civ. Sez. VI – 2, 29/01/2019, n. 2517.

Alberto Vigani

per Associazione Art. 24 Cost.

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Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., (ud. 26-06-2018) 29-01-2019, n. 2517
Fatto – Diritto P.Q.M.
CASSAZIONE CIVILE
RicorsoPROCEDIMENTO CIVILE
Legittimazione attiva e passiva

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3321-2017 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

C.E.;

– intimato –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di BARI, depositata il 20/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/06/2018 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Bari, con decreto del 12.01.2016, rigettando l’istanza di liquidazione proposta dall’avv. C.E., D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 82, disponeva la revoca dall’ammissione al patrocinio a spese dello Stato dell’assistito del ricorrente, Michele Plantamura, sulla base della considerazione per cui andava valutato l’intero reddito del nucleo familiare in un procedimento di separazione consensuale, così superando quello stabilito del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76 e 92.

A seguito di opposizione citato D.P.R., ex art. 99, proposta dal C., il Tribunale di Bari, con ordinanza depositata in data 20.6.2016, in accoglimento del gravame, annullava il decreto impugnato, disponendo la riammissione del ricorrente al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, rigettata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva proposta dall’Agenzia delle Entrate.

Avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari, il Ministero della Giustizia e l’Agenzia delle Entrate propongono ricorso per cassazione, fondato su due motivi. E’ rimasto intimato l’avv. C.E..

Ritenuto che il ricorso potesse essere parzialmente accolto, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore delle parti ricorrenti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Atteso che:

– con il primo motivo parte ricorrente denuncia la nullità dell’ordinanza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 81 c.p.c., in combinato disposto con il D.P.R n. 115 del 2002, art. 112, in materia di legittimazione passiva nei procedimenti di opposizione al decreto di revoca di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Ad avviso di parte ricorrente, infatti, l’ordinanza del Tribunale sarebbe viziata nella parte in cui respinge l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’Agenzia delle Entrate, per essere legittimato a resistere nel giudizio solo il Ministero della giustizia.

Il motivo, pur apparendo fondato, dà luogo esclusivamente ad una correzione della motivazione.

Occorre premettere che nel giudizio di impugnazione avverso il decreto di revoca dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che costituisce autonomo giudizio contenzioso avente ad oggetto una controversia di natura civile incidente su una situazione soggettiva dotata della consistenza di diritto soggettivo patrimoniale, va considerato unico soggetto legittimato passivo il Ministero della giustizia in quanto titolare del rapporto debitorio oggetto del procedimento. Si tratta di errore di identificazione rispetto a distinte ed autonome soggettività di diritto pubblico ammesse entrambe al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato (l’Agenzia delle entrate ed il Ministero della giustizia), giacchè il Ministero della giustizia è l’esclusivo titolare passivo del rapporto oggetto del giudizio, avendo l’Agenzia delle Entrate unicamente il compito di trasmettere la dovuta informativa reddituale (Cass. n. 24423/2017, n. 4266/2016 e n. 21700/2015).

L’accoglimento di tale motivo, tuttavia, dà unicamente luogo alla correzione della motivazione dell’ordinanza nella parte in cui ha respinto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’Agenzia delle Entrate, essendo stato comunque il Ministero della giustizia parte del giudizio;

– con il secondo motivo parte ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.P.R n. 115 del 2002, art. 76, comma 4, per avere il Tribunale affermato che il giudizio di omologazione della separazione consensuale rientri fra quei giudizi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti del nucleo familiare e per l’effetto avere considerato il solo reddito personale del richiedente ai fini dall’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. A detta del ricorrente, la proposizione congiunta della domanda di separazione per il tramite di un unico legale denoterebbe la totale assenza di un conflitto di interessi tra le parti.

Il motivo non può trovare ingresso.

In tema di condizioni per l’ammissione al patrocinio, al fine della determinazione dei limiti di reddito che segnano il requisito della non abbienza, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4, prevede che “si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi”.

Orbene, nelle cause di separazione personale tra coniugi, al fine di valutare le condizioni per l’ammissione dell’istante al patrocinio a spese dello Stato, si deve escludere dal cumulo il reddito dell’altro coniuge, essendo ravvisabile all’origine un conflitto potenziale di interessi, date le autonome posizioni delle parti (Cass. n. 30068/2017), con la conseguenza che va ritenuta corretta la decisione del giudice dell’opposizione.

In conclusione il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Nessuna pronuncia sulle spese processuali non avendo l’intimato svolto difese.

Non sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al T.U., di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, all’art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. Infatti nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (Cass. n. 1778 del 2016).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-2 Sezione Civile, il 26 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2019

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