OPPOSIZIONE A REVOCA AMMISSIONE A PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

OPPOSIZIONE A REVOCA AMMISSIONE A PATROCINIO A SPESE DELLO STATO EX ART. 170 DPR 115/2002

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OPPOSIZIONE A REVOCA AMMISSIONE A PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

OPPOSIZIONE A REVOCA AMMISSIONE A PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

Dopo l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sia del COA che del Magistrato, in presenza di tassative ipotesi previste dal Testo Unico Spese di Giustizia (DPR 115/2002) il Giudice può revocare con decreto il precedente provvedimento di ammissione.

Può anche accadere che, in sede extra penale, vi sia diniego di ammissione che porti alla necessità di proporre la medesima domanda di ammissione al magistrato competente per il giudizio, che decide con decreto. Anche in tale ulteriore frangente vi può essere un diniego all’ammissione.

I casi

Le ipotesi di revoca, che incide solo sul carico delle spese non più sostenute dall’erario, sono solo quelle tassativamente previste dall’art. 136 DPR n. 115/02, ed in quanto costituenti una norma di eccezione al diritto di difesa, devono essere interpretate in via restrittiva.

In tutte le ipotesi di decreto del Giudice di contenuto sfavorevole al richiedente l’ammissione, la Giurisprudenza della Corte di Cassazione ritiene estensivamente applicabile l’art. 170 del DPR 115/2002, quindi esperibile anche contro i decreti che rifiutino la liquidazione.

Il rito

L’attrazione dell’opposizione nel modello del rito sommario di cognizione comporta che il termine per la correlativa proposizione non sia più quello speciale, di venti giorni, previsto nel testo originario dell’art. 170 del D.P.R. n. 115 del 2002 , bensì quello di trenta giorni stabilito dalla Corte Costituzionale (vedi Sentenza Corte Costituzionale del 12 maggio 2016 n. 106) in via generale per il riesame dei provvedimenti adottati in prima istanza nell’ambito di procedure riconducibili allo schema del rito sommario.

Con la riforma dell’art. 170 sopraggiunta nel 2011, si disciplina la procedura facendo riferimento all’articolo 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 ed ivi richiamando la precedente normazione del 1942 che nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.
Il comma 6 dell’art. 15 stabilisce espressamente che il giudizio è definito con ordinanza non appellabile, tuttavia, trattandosi di provvedimento dotato di carattere decisorio (incidendo direttamente sulle situazioni giuridiche delle parti) e definitivo, deve ritenersi suscettibile di ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.

Il ricorso

Il ricorso avverso il decreto di revoca, nel regime introdotto dall’art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002, non è atto di impugnazione, ma comunque atto introduttivo di un procedimento contenzioso, nel quale il giudice adito ha il potere-dovere di verificare la correttezza della liquidazione in base ai criteri legali (o, rectius, della non liquidazione per revoca).

Non si tratta quindi di un procedimento di volontaria giurisdizione prevalendo la natura contenziosa del medesimo nonché l’imprescindibile instaurazione del contraddittorio nei confronti del contro-interessato, restando perciò sempre ferma l’ammissibilità al patrocinio a spese dello Stato del soggetto opponente.

Del resto, come si ricava dagli artt. 74 e 75 del D.P.R. n. 115 del 2002 e si richiama in recente giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. Sez. II, 05/01/2018, n. 164), il patrocinio a spese dello Stato è assicurato, non solo “nel processo civile”, ma anche “negli affari di volontaria giurisdizione”, sempre che l’interessato “debba o possa essere assistito da un difensore”.

La Cassazione

In tempi recentissimi, sent. n. 15175, 04/06/2019, la Corte di legittimità ha ribadito che la disciplina sul patrocinio a spese dello Stato è applicabile in ogni procedimento civile, pure di volontaria giurisdizione ed anche quando l’assistenza tecnica del difensore non è prevista dalla legge come obbligatoria (richiamando Cass. n. 30069 del 2017).

Il patrocinio a spese dello Stato, dunque, è applicabile in ogni giudizio civile, pure di volontaria giurisdizione, estendendo la disciplina del beneficio anche a tutti i tutti i casi nei quali la difesa tecnica dipenda dalla sola scelta dell’interessato, in quanto è certo che anche nei procedimenti in cui tale assistenza non è obbligatoria la parte può comunque farsi assistere da un avvocato.

In sintesi

La conclusione alla quale giunge la Corte, esatta applicazione della disciplina del TUSG,, è anche in coerenza con la “finalità stessa dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato, che, in adempimento del disposto di cui all’art. 24, comma 3, Cost., è volto ad assicurare alle persone non abbienti l’accesso alla tutela offerta dalla giurisdizione in modo pieno e consapevole ed in posizione di parità con quanti dispongono dei mezzi necessari. Posizione di parità che si sostanzia, nel caso in cui la parte possa stare in giudizio personalmente, anche nell’esercizio della facoltà di avvalersi della consulenza ed assistenza tecnica di un avvocato al fine di tutelare nel modo ritenuto più adeguato i propri interessi e diritti”.

Pertanto, l’istituto copre ogni esigenza di accesso alla tutela giurisdizionale: sia quando questa tutela coinvolge necessariamente l’opera di un avvocato, sia quando la parte non abbiente potrebbe, teoricamente, attivare anche personalmente l’istanza giurisdizionale, ma domandi la nomina di un difensore al fine di essere consigliata nel miglior modo sull’esistenza e sulla consistenza dei propri diritti e ritenga di non essere in grado di poter operare da sé.

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Alberto Vigani

per Associazione ARt. 24 Cost.




OPPOSIZIONE A REVOCA AMMISSIONE A PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

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