SOSTEGNO DDL PER TUTELA AVVOCATO MADRE IN PATROCINIO A SPESE DELLO STATO E DIFESA D’UFFICIO

IL CONGRESSO NAZIONALE FORENSE SOSTIENE LA RICHIESTA DI TUTELA DELL’AVVOCATO MADRE NEL GRATUITO PATROCINIO E NELLA DIFESA D’UFFICIO

AVVOCATO MADRE E LEGITTIMO IMPEDIMENTO NEL GRATUITO PATROCINIO

AVVOCATO MADRE E LEGITTIMO IMPEDIMENTO NEL GRATUITO PATROCINIO

Anche il Congresso Nazionale Forense sostiene, accogliendola come raccomandazione, la proposta di sostenere il disegno di legge C. 4000 per tutela delle avvocate madri con il riconoscimento del legittimo impedimento in regime di gratuito patrocinio e difesa d’ufficio.

A questo DDL è poi seguito pari proposta di legge al Senato (S. 2601) così rafforzando il valore di quanto richiesto per la tutela dell’avvocato madre.  La richiesta di tutela era già stata proposta dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura la scorsa estate.

Riportiamo quindi il testo integrale della mozione che contiene anche la traccia del disegno di legge.

David Del Santo

Associazione Art. 24 Cost.

***

XXXIII Congresso Nazionale Forense

Rimini, lì 6,7 e 8 ottobre 2016

Mozione per sostenere il disegno di legge C. 4000 per tutela delle avvocate madri con il riconoscimento del legittimo impedimento in regime di gratuito patrocinio e difesa d’ufficio.

Mozione presentata da Edoardo Ferraro, Victor Rampazzo, Elena Beltramini, Ruena Polato, Fernanda D’ambrogio, Nicola Cavaliere e Vincenzo Luly

Il XXXIII Congresso Nazionale Forense riunitosi a Venezia nei giorni 6, 7 e 8 ottobre 2016

premesso

  1. La tutela delle pari opportunità è uno dei fini primari del percorso istituzionale e politico dell’Avvocatura italiana;
  2. già nello scorso Congresso Nazionale Forense si era chiesto di dare tutela alle Avvocate madri al fine di risolvere le disparità e le ineguaglianze oggi presenti nella disciplina vigente;
  3. le commissioni Pari Opportunità OUA e CNF (coordinate rispettivamente da Irene Cossu e Maria Masi) hanno purtroppo rilevato che nonostante la mozione presentata al Congresso a Venezia e nonostante l’adozione nel frattempo di protocolli in alcuni Tribunali d’Italia in cui si riconosce il legittimo impedimento a comparire in udienza in stato di gravidanza o quando ricorrono le condizioni previste dalla legge in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità nonché nel caso di improvvisa malattia di un figlio di età inferiore ai 3 anni, il problema non è risolto.
  4. Tale situazione è stata affrontata per alcuni Tribunali, dai Comitati Pari Opportunità che sono riusciti a siglare con gli Uffici Giudiziari dei protocolli d’intesa sul “riconoscimento del legittimo impedimento “ con l’obiettivo di realizzare l’uguaglianza di genere “ de iure “ e “ de facto” attraverso prassi virtuose volte a tutelare pienamente la condizione di maternità e genitorialità per le avvocate.
  5. L’adozione dei suddetti protocolli ed anche l’impegno di quegli Operatori del Settore più sensibili al tema, hanno purtroppo avuto poca incidenza sulle “decisioni” ed infatti il panorama giurisprudenziale della Corte di Cassazione evidenzia significative pronunce che affermano  l’insussistenza del “legittimo impedimento”, vuoi facendo leva alla figura del sostituto processuale ed alla presenza di altri avvocati nello studio del difensore, vuoi alla valutazione discrezionale del Giudice della “ gravità” dell’impedimento;
  6. peraltro, i protocolli non hanno natura  vincolante e, anche dove sono stati siglati, non vengono rispettati con rigore.
  7. La mancanza di tutela in questo senso crea una palese limitazione professionale, oltre ad assistere ad una vera e propria negazione di diritti a tutela della maternità.
  8. Per garantire pertanto e tutelare in tutti i plessi giudiziari la maternità e la genitorialità nell’organizzazione e svolgimento delle attività giudiziarie, appare indispensabile l’adozione di un testo normativo che dia tutela almeno al periodo immediatamente precedente e successivo al parto.
  9. Vi è l’esigenza di colmare una lacuna normativa venutasi a creare perché al legislatore è sfuggita la tutela della donna libero professionista: al fondo della lacuna vi è quello sterile e  comune modo di pensare (id est fatalistico) per cui le difficoltà connesse alla maternità che può incontrare l’avvocato donna, e più in generale la libera professionista, sono inevitabili conseguenze di una scelta di campo.
  10. il passaggio successivo deve essere il disciplinare la materia contemperando la tutela del diritto alla maternità all’esigenza “di garantire l’esercizio della difesa in ogni stato e grado di qualunque procedimento e davanti a qualunque magistratura” (Assemblea Costituente seduta 15 aprile 1947 commento art. 24 Cost.).
  11. E’ opportuno in primis sottolineare un principio fondamentale: la tutela del diritto alla maternità è espressione della tutela del diritto del bambino ed alle sue esigenze fisiologiche, relazionali ed affettive collegate allo sviluppo della sua personalità: dunque il legislatore deve intervenire per assicurare un’effettiva tutela “ genitoriale” che, nell’ottica di una realtà paritaria tra uomini e donne nell’esercizio della professione forense, risponda anche ad una concreta politica del tema della conciliazione tra vita professionale e vita familiare.
  12. Appare quindi necessario il prevedere, quale causa di legittimo impedimento dell’avvocata, il periodo di maternità (almeno per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi);

rilevato quindi che

  1. è necessario dare priorità alla tutela del diritto di difesa (art. 24 Cost.) che non può comunque prescindere dal principio della personalità della prestazione professionale, principio rilevante soprattutto nell’attività di udienza e mai demandabile sic et simpliciter a sostituti, benché istruiti, perché tra la “ parte” e il “sostituto” non esiste alcun rapporto.
  2. In particolare, nella materia delle Difese d’ufficio e del Patrocinio dei non abbienti, per il procuratore, la regola della piena libertà di accettare l’incarico e di rinunciarvi costituisce eccezione, prevista espressamente dall’articolo 14 della legge forense ove si legge: “Salvo quanto stabilito per le difese d’ufficio ed il patrocinio dei meno abbienti, l’avvocato ha piena libertà di accettare o meno ogni incarico”.
  3. Ciò collima con quanto stabilito dal Codice deontologico forense, in base al cui canone 11 l’avvocato deve prestare la propria attività  difensiva anche quando ne sia richiesto dagli organi giudiziari in base alle leggi vigenti, precisando il comma 2 che costituisce infrazione disciplinare il rifiuto ingiustificato di prestare attività di gratuito patrocinio o la richiesta all’assistito di un compenso per la prestazione di tale attività.
  4. La norma, infatti, prevede che l’avvocato iscritto nell’elenco dei difensori d’ufficio, quando nominato, non può, senza giustificato motivo, rifiutarsi di prestare la propria attività o interromperla.
  5. Lo stesso deve dirsi per l’avvocato iscritto nell’elenco dei difensori per il patrocinio a spese dello Stato che può rifiutare la nomina o recedere dall’incarico conferito dal non abbiente solo per giustificati motivi.
  6. Detto vincolo nell’esercizio del mandato dell’avvocato madre rappresenta un limite nell’estrisencazione del diritto di difesa dell’assistito che abbia dato alla medesima incarico: lo svolgimento del mandato per un avvocato madre potrebbe quindi tradursi in un’attività che non vede riconosciuto il legittimo impedimento e nel tempo stesso, per le difese d’ufficio e dei non abbienti, in un incarico che non può essere rifiutato e per il quale non è possibile la rinuncia, così creando in tale ipotesi un percorso di limitazione del ministero dell’attività defensionale e di minor tutela dell’assistito (oltre che in astratto sanzionabile deontologicamente).
  7. Per converso, la difesa tecnica di un cittadino nel processo in generale non può subire contrazioni che non dipendono dalla sua volontà, ed in particolar modo ciò non può avvenire perché il cittadino  a “quel” professionista si è affidato per scelta fiduciaria. Invero ciò invece accadrebbe negli ambiti della difesa d’ufficio e dei non abbienti, in caso di maternità, senza che quel medesimo professionista possa sottrarsi agli obblighi di assistenza che conseguono all’assunzione obbligatoria di quel particolare incarico.

va altresì considerato

  1. Il diritto alla difesa di cui all’art. 24 Cost. in quanto espressione della duplice garanzia di poter far valere in giudizio le proprie ragioni e di avere diritto alla assistenza legale (non limitato dalla sua maternità), e il correlativo principio del giusto processo di cui all’111 Cost., entrambi senza che possa essere ammessa limitazione alcuna.
  2. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ove si prevede all’art. 6 il Diritto ad un processo equo ove avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia. Questo comporta che il difensore di fiducia debba poter esser individuato senza da ciò possa derivare pregiudizio per la sua potenziale maternità.
  3. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo ove si prevede all’art. 11 che ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa. Ciò può verificarsi solo di fronte ad una difesa che sia parificata in ogni aspetto alla propria controparte e non debba essere limitata per la mancata tutela delle necessità della maternità.
  4. Il Codice Deontologico degli Avvocati Europei ove si prevede all’art. 2.7 che l’avvocato deve sempre difendere nel miglior modo possibile gli interessi del suo cliente e deve anteporli ai propri. Tale principio, in difetto di tutela del legittimo impedimento dell’Avvocato madre, impedirebbe a quest’ultima di essere eticamente immune da considerazioni qualora non presentasse al cliente la possibile carenza di difesa dovuta alla propria condizione.
  5. Il principio di uguaglianza formale e sostanziale di cui all’art. 3 Cost. che  trova realizzazione nel prevenire e scongiurare la possibilità di discriminazioni e disuguaglianze  anche sul piano del diritto al lavoro. In questo senso va letto l’art. 37 Cost. che impone di assicurare alla donna lavoratrice quelle condizioni di lavoro che consentano l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale ed adeguata protezione; nello stesso senso va interpretato l’art. 51 Cost. nella parte in cui è stata inserita una copertura costituzionale al fine di garantire le pari opportunità tra uomini e donne.
  6. Le nome comunitarie (cfr. Direttiva 76/207/CE come modificata dalla Direttiva 2002/73/CE – Direttiva 2006/54/CE del Parlamento Europeo e Consiglio di stato del 5 luglio 2006) laddove sanciscono che la parità tra uomini e donne è un  principio fondamentale del diritto comunitario, ai sensi dell’art. 2 e art. 3 paragrafo 2 del Trattato che ha istituito la Comunità Europea, tanto da assurgere a “compito” e “ obiettivo” concreto dell’attività della stessa Comunità, come testimoniato anche dalla Giurisprudenza della Corte di Giustizia. Si deve ricordare che la tutela delle lavoratrici madri e della maternità è per il mondo delle professioni, e per tutta la società, un doveroso allineamento ai principi dell’Unione europea di inclusione sociale e di pari opportunità. Ma non solo.
  7. La dichiarazione dell’Unione europea che ha proclamato il 2007 «Anno europeo delle pari opportunità per tutti» e ribadito la centralità del principio di non discriminazione e della regola secondo cui la parità tra gli uomini e le donne deve essere garantita in tutti i campi: i Paesi membri hanno quindi il dovere di mettere in campo azioni positive per contrastare e per ridurre la criticità della situazione femminile. Tale criticità risulta legata principalmente all’accesso, ma soprattutto alla permanenza, nel mondo del lavoro da parte delle donne, un aspetto quest’ultimo fortemente influenzato dalle problematiche inerenti la conciliazione tra vita e lavoro.
  8. La volontà normativa diffusa a livello europeo recepita in Italia nel  T.U. per la Tutela e sostegno della maternità e paternità emanato con D. Lgs. 26/3/2001 n. 151 ( modificato con il d. Lgs. 23/4/2003 n. 115)  che ha improntato la tutela al principio di un’effettiva parità di ruoli all’interno della famiglia.
  9. Il “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna” di cui al D.Lgs 11 aprile 2006 n. 198 nel testo coordinato con le modifiche introdotte dal D. Lgs. 25 gennaio 2010 n. 5 ( Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.)
  10. La lettura del Codice Pari Opportunità tra Uomo e Donna ove si evidenzia in maniera più eclatante il silenzio in materia del legislatore, poiché nessuna norma ivi codificata richiama il Diritto alle Pari  Opportunità nelle libere professioni.
  1. che, alla metà dello scorso luglio, l’Organismo Unitario dell’Avvocatura ha sostenuto detto percorso patrocinando la presentazione di apposito DDL atto a consentire il riconoscimento del legittimo impedimento all’avvocato madre che esercita in regime di patrocinio a spese dello Stato e di difesa d’ufficio:
  2. che il successivo 27 luglio 2016 è stato depositato alla Camera dei Deputati un DDL rubricato al n. C 4000, in risposta agli auspici dell’Avvocatura ed in conformità al testo proposto dal deliberato OUA ed avente titolo: “Disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità per l’avvocato madre in garanzia dell’esercizio senza pregiudizio del ministero difensivo in regime di  Difesa d’ufficio e di Patrocinio a spese dello Stato”.

Tutto ciò premesso e considerato

L’Avvocatura Italiana, riunitasi nel XXXIII Congresso Nazionale Forense a Rimini, a paritaria tutela dei cittadini italiani e dei principi espressi nella Carta costituzionale nonché nell’interesse del Paese nonchè per la valorizzazione del ruolo della professione forense anche nelle pari opportunità e per garantire l’effettività dell’accesso alla difesa,

dà mandato

al CNF, all’Organismo preposto a dare esecuzione ed attuazione alle deliberazioni del Congresso Forense e ad ogni rappresentanza territoriale di porre in essere ogni necessaria iniziativa, innanzi tutte le sedi competenti ed opportune,  ed in particolare avanti le Camere, tutti i Ministeri e gli Enti competenti, affinché si vada  a sostenere e far approvare il predetto Disegno di Legge C. 4000 / 2016 presentato alla Camera  per come illustrato nella seguente relazione e nel successivo testo integrale:

PROPOSTA DI LEGGE

“Disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità per l’avvocato madre in garanzia dell’esercizio senza pregiudizio del ministero difensivo in regime di  Difesa d’ufficio e di Patrocinio a spese dello Stato”

Onorevoli Colleghi!

Il quadro complessivo della legislazione italiana relativa alla maternità si conferma il più innovativo e tutelante dell’intera Unione europea e rappresenta uno dei punti di forza della politica rivolta alle famiglie, ma per l’avvocato madre si deve rilevare un grave deficit nella tutela della maternità poiché manca il riconoscimento del legittimo impedimento a comparire in udienza in stato di gravidanza.

La mancanza di tutela in questo senso crea una palese limitazione professionale, oltre ad rappresentare una vera e propria negazione di diritti a tutela della maternità.

Nonostante il parziale miglioramento registrato negli ultimi anni, con gli appelli dell’OUA (con 2 mozioni che chiedono tutela) ed i protocolli sottoscritti da molti Ordini, la situazione rimane preoccupante.

    Le ragioni di una situazione così allarmante sono molteplici; tuttavia una seria politica orientata alla tutela della maternità a favore delle professioniste – sostanziata da concreti atti normativi – può portare a significativi miglioramenti.

Per garantire pertanto e tutelare in tutti i plessi giudiziari la maternità e la genitorialità nell’organizzazione e svolgimento delle attività giudiziarie, appare indispensabile l’adozione di un testo normativo che dia tutela al periodo immediatamente precedente e successivo al parto.  

Vi è l’esigenza di colmare una lacuna normativa venutasi a creare perché al legislatore è sfuggita la tutela della donna libero professionista: al fondo della lacuna quello sterile e  comune modo di pensare (id est fatalistico) per cui le difficoltà connesse alla maternità che può incontrare l’avvocata, e più in generale la libera professionista, sono inevitabili conseguenze di una scelta di campo.

Il passaggio successivo deve essere il disciplinare la materia contemperando la tutela del diritto alla maternità all’esigenza “di garantire l’esercizio della difesa in ogni stato e grado di qualunque procedimento e davanti a qualunque magistratura” (Assemblea Costituente seduta 15 aprile 1947 commento art. 24 Cost.).

Appare quindi necessario prevedere in sede processuale, quale causa di legittimo impedimento dell’avvocato madre, il periodo di maternità (almeno per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi).

In particolare è necessario dare priorità alla contemporanea tutela dell’avvocato madre e del diritto di difesa (art. 24 Cost.), che non può comunque prescindere dal principio della personalità della prestazione professionale, nella materia delle Difese d’ufficio e del Patrocinio dei non abbienti, per il procuratore, la regola della piena libertà di accettare l’incarico e di rinunciarvi costituisce eccezione, prevista espressamente dall’articolo 14 della legge forense ove si legge: “Salvo quanto stabilito per le difese d’ufficio ed il patrocinio dei meno abbienti, l’avvocato ha piena libertà di accettare o meno ogni incarico”.

Ciò trova anche attuazione e osservanza con quanto stabilito dal medesimo Codice deontologico forense, in base al cui canone 11 l’avvocato deve prestare la propria attività  difensiva anche quando ne sia richiesto dagli organi giudiziari in base alle leggi vigenti, precisando il comma 2 che costituisce infrazione disciplinare il rifiuto ingiustificato di prestare attività di gratuito patrocinio o la richiesta all’assistito di un compenso per la prestazione di tale attività. La norma, infatti, prevede che l’avvocato iscritto nell’elenco dei difensori d’ufficio, quando nominato, non può, senza giustificato motivo, rifiutarsi di prestare la propria attività o interromperla. Lo stesso deve dirsi per l’avvocato iscritto nell’elenco dei difensori per il patrocinio a spese dello Stato che può rifiutare la nomina o recedere dall’incarico conferito dal non abbiente solo per giustificati motivi.

Detto vincolo nell’esercizio del mandato dell’avvocato madre rappresenta un limite nell’estrisencazione del diritto di difesa dell’assistito che abbia dato alla medesima incarico: lo svolgimento del mandato per un avvocato madre potrebbe quindi tradursi in un’attività che non vede riconosciuto il legittimo impedimento e nel tempo stesso, per le difese d’ufficio e dei non abbienti, in un incarico che non può essere rifiutato e per il quale non è possibile la rinuncia, così creando in tale ipotesi un percorso di limitazione del ministero dell’attività defensionale e di minor tutela dell’assistito (oltre che in astratto sanzionabile deontologicamente).

Per converso, la difesa tecnica di un cittadino nel processo in generale non può subire contrazioni che non dipendono dalla sua volontà, ed in particolar modo ciò non può avvenire perché il cittadino  a “quel” professionista si è affidato per scelta fiduciaria. Invero ciò invece accadrebbe negli ambiti della difesa d’ufficio e dei non abbienti, in caso di maternità, senza che quel medesimo professionista possa sottrarsi agli obblighi di assistenza che conseguono all’assunzione obbligatoria di quel particolare incarico.

Quanto sopra va ulteriormente confermato alla luce:

 

  • del diritto alla difesa di cui all’art. 24 Cost. in quanto espressione della duplice garanzia di poter far valere in giudizio le proprie ragioni e di avere diritto alla assistenza legale (non limitato dalla sua maternità), e il correlativo principio del giusto processo di cui all’111 Cost., entrambi senza che possa essere ammessa limitazione alcuna;
  • della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo ove si prevede all’art. 6 il Diritto ad un processo equo ove avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia. Questo comporta che il difensore di fiducia debba poter esser individuato senza da ciò possa derivare pregiudizio per la sua potenziale maternità.
  • della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo ove si prevede all’art. 11 che ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa. Ciò può verificarsi solo di fronte ad una difesa che sia parificata in ogni aspetto alla propria controparte e non debba essere limitata per la mancata tutela delle necessità della maternità;
  • del Codice Deontologico degli Avvocati Europei ove si prevede all’art. 2.7 che l’avvocato deve sempre difendere nel miglior modo possibile gli interessi del suo cliente e deve anteporli ai propri. Tale principio, in difetto di tutela del legittimo impedimento dell’Avvocato madre, impedirebbe a quest’ultima di essere eticamente immune da considerazioni qualora non presentasse al cliente la possibile carenza di difesa dovuta alla propria condizione.
  • del principio di uguaglianza formale e sostanziale di cui all’art. 3 Cost. che  trova realizzazione nel prevenire e scongiurare la possibilità di discriminazioni e disuguaglianze  anche sul piano del diritto al lavoro. In questo senso va letto l’art. 37 Cost. che impone di assicurare alla donna lavoratrice quelle condizioni di lavoro che consentano l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale ed adeguata protezione; nello stesso senso va interpretato l’art. 51 Cost. nella parte in cui è stata inserita una copertura costituzionale al fine di garantire le pari opportunità tra uomini e donne;
  • delle nome comunitarie (cfr. Direttiva 76/207/CE come modificata dalla Direttiva 2002/73/CE – Direttiva 2006/54/CE del Parlamento Europeo e Consiglio di stato del 5 luglio 2006) laddove sanciscono che la parità tra uomini e donne è un  principio fondamentale del diritto comunitario, ai sensi dell’art. 2 e art. 3 paragrafo 2 del Trattato che ha istituito la Comunità Europea, tanto da assurgere a “compito” e “ obiettivo” concreto dell’attività della stessa Comunità, come testimoniato anche dalla Giurisprudenza della Corte di Giustizia. Si deve ricordare che la tutela delle lavoratrici madri e della maternità è per il mondo delle professioni, e per tutta la società, un doveroso allineamento ai principi dell’Unione europea di inclusione sociale e di pari opportunità.
  • della dichiarazione dell’Unione europea che ha proclamato il 2007 «Anno europeo delle pari opportunità per tutti» e ribadito la centralità del principio di non discriminazione e della regola secondo cui la parità tra gli uomini e le donne deve essere garantita in tutti i campi: i Paesi membri hanno quindi il dovere di mettere in campo azioni positive per contrastare e per ridurre la criticità della situazione femminile. Tale criticità risulta legata principalmente all’accesso, ma soprattutto alla permanenza, nel mondo del lavoro da parte delle donne, un aspetto quest’ultimo fortemente influenzato dalle problematiche inerenti la conciliazione tra vita e lavoro;
  • della volontà normativa diffusa a livello europeo recepita in Italia nel  T.U. per la Tutela e sostegno della maternità e paternità emanato con D. Lgs. 26/3/2001 n. 151 ( modificato con il d. Lgs. 23/4/2003 n. 115)  che ha improntato la tutela al principio di un’effettiva parità di ruoli all’interno della famiglia.
  • del “ Codice delle pari opportunità tra uomo e donna” di cui al D.Lgs 11 aprile 2006 n. 198 nel testo coordinato con le modifiche introdotte dal D. Lgs. 25 gennaio 2010 n. 5 ( Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego).

 

Allora, affinché tutte queste previsioni possano trovare reale applicazione, è indispensabile prevedere una norma di favore per le avvocate madri affinché lo svolgimento della professione non vede per il loro assistiti l’esercizio di un ministero difensivo ridotto e la maternità non sia intesa come un limite al medesimo.

Pertanto, la presente proposta di legge potrebbe, con una piccola modifica legislativa di natura meramente processuale, produrre quel cambio di mentalità necessario per muovere verso l’attuazione degli artt. 3, 24 e 51 della Costituzione.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1

Dopo il comma 4 dell’articolo 420 del codice di procedura penale aggiungere i seguenti:

4-bis. Il giudice provvede a norma del comma 1 nel caso di assenza del difensore quando risulta che l’assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, comunicato, senza indugio, anche a mezzo PEC in cancelleria. Tale disposizione non si applica se l’imputato è assistito da due difensori e il difensore non impedito sia iscritto all’albo degli avvocati della Circoscrizione del Tribunale ove pende il giudizio o quando l’imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.

4-ter. Nel caso di difesa d’ufficio o prestata in regime di patrocinio a spese dello Stato, costituisce legittimo impedimento dell’avvocata il periodo di maternità  per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi. Il Giudice, nel fissare l’udienza di rinvio, deve tener conto della scadenza naturale del legittimo impedimento.

4-quater. La disposizione di cui al comma 6 non si applica se l’imputato è assistito da due difensori e il difensore non impedito sia iscritto all’Albo degli Avvocati nella Circoscrizione del Tribunale ove pende il giudizio o quando l’imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.

4-quinquies. Per il periodo di impedimento di cui al comma 6 resta sospeso il corso della prescrizione in deroga all’art. 159 primo comma n.3 e i termini di custodia cautelare di cui all’art. 303 c.p.p.

4-sexsies. Nei procedimenti penali con imputati sottoposti a custodia cautelare il difensore, prima di richiedere il rinvio dell’udienza, ai sensi dell’art. 304 c.p.p. deve informare l’imputato delle conseguenze dell’eventuale accoglimento dell’istanza sotto il profilo della sospensione del termine di durata della misura relativo alla fase in cui si trova il procedimento e l’impedimento sarà legittimo solo in caso di consenso dell’imputato stesso.

Art. 2

Dopo l’articolo 84 del codice di procedura civile è inserito il seguente:

Art.  84 bis Legittimo Impedimento del difensore

Il Giudice, su istanza del difensore che attesti di essere legittimamente  impedimento a comparire in udienza, con ordinanza rinvia, anche di ufficio, ad altra udienza. Tale disposizione non si applica nell’ipotesi in cui risulti nominato un altro difensore iscritto all’albo degli avvocati  della Circoscrizione del Tribunale ove pende il giudizio.

Nel caso di difesa prestata in regime di patrocinio a spese dello Stato, costituisce legittimo impedimento della donna avvocato il periodo di maternità  per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi, giusta certificazione dall’Autorità Sanitaria comunicata, senza indugio, anche a mezzo PEC in cancelleria.

Art. 3

Dopo il comma 2 dell’articolo 115 delle disposizione per l’attuazione  del codice di procedura civile inserire i seguenti:

2-bis. Il Collegio rinvia la discussione della causa con ordinanza, anche di ufficio, su istanza del difensore che attesti di essere legittimamente impedito.  Tale disposizione non si applica se risulti nominato un altro difensore iscritto all’albo degli avvocati della Circoscrizione del Tribunale ove pende il Giudizio.

2-ter. Nel caso di difesa prestata in regime di patrocinio a spese dello Stato, costituisce legittimo impedimento della donna avvocato il periodo di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi, giusta certificazione dall’Autorità Sanitaria comunicata, senza indugio, anche a mezzo PEC in cancelleria.

Art. 4

(Entrata in vigore)

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

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