QUANTO SONO ODIATI GLI AVVOCATI E PERCHE’?

AVVOCATI OGGI: LA STORIA DI UN EQUIVOCO DI MASSA

Everyone hates lawyers (until they need one)

Everyone hates lawyers (until they need one)

Quanto sono odiati gli avvocati? E perché?

Il Mahatma Gandhi, Nelson Mandela, Abraham Lincoln: tre uomini che portano alla mente il coraggio, l’integrità e la lotta per la giustizia.

Tutti e tre questi uomini erano avvocati. Eppure, quando si sente parlare in pubblico di avvocati non sentiamo parole che ricordano integrità, coraggio e giustizia.

Anzi. Tutti gli aggettivi che sentiamo hanno una valenza contraria e si possono riunire in un unico comune denominatore: disagio.

E’ un fatto: fra i soggetti più criticati dall’immaginario collettivo ci sta l’avvocato.

Non ci giriamo intorno. Lo sanno tutti.

Dai film degli anni 70′ in poi, per decenni si sono susseguite  un’infinità di immagini poco edificanti e piene di luoghi comuni dalla connotazione negativa. Hanno lasciato il segno e nulla le ha mai scalfite.

Di suo, l’avvocatura non ha di certo tentato di sfatare quanto comunicato, anche a livello subliminale, all’uomo comune, ai non addetti ai lavori, alle istituzioni. Il messaggio è stato perciò così dilagante e pervasivo da diventare di per sé stesso una realtà capace di sostituirsi ad ogni altra.

Di cosa parlo? Sto raccontando di una progressiva nullificazione di quello che è davvero, in concreto e nella vita di tutti i santi giorni, il ruolo, il valore ed il lavoro dell’avvocato.

Nell’affrontare quest’argomento ci si trova di fronte ad un bivio che porta a decidere da subito quale sia la prospettiva di maggior peso nel discorso.

Sarà meglio affrontare prima i vuoti o prima i pieni, ciò che è in luce o quello che è in ombra, gli ologrammi o la realtà?

Una scelta va fatta e mi pare che sia più facile un approccio comparato partendo dalla lettura in negativo.

Vediamo prima il lato oscuro.

1. La foto di gruppo dell’avvocatura sconta che i suoi iscritti sono per definizione partigiani di qualcuno. Sempre.

Un avvocato assiste una parte ed una sola.

Non è un uomo (o donna) ecumenico, non cerca il consenso dei suoi interlocutori, bensì solo il rapporto fiduciario con uno dei soggetti che vivono il conflitto. Ed è proprio la sua presenza nell’istante patologico della vita umana, causato dal contrasto di un interesse con altri, che fa trovare all’avvocato la sua prima sconfitta. Esiste nel momento dello scontro di opposte istanze e, pertanto, non può piacere a tutti: anzi, quella parte che lo vede come rappresentante del nemico è la prima narratrice del disprezzo provato per chi è alfiere dell’avversione alle proprie istanze.

Per questo, poiché siamo tutti certi che fa più rumore un albero che cade che un bosco che cresce, la voce che più si sente è quella del disagio verso il difensore dell’avversario; non certo la tua che da quell’avvocato sei assistito, e che magari approcci con quel timore tipico del rapporto con l’estraneo, spesso poco capito nei suoi percorsi tecnici.


L’avvocato nasce quindi come soggetto che non ha un PR, uno sponsor, capace di divulgare le sue doti umane, trovandone invece dieci che al più lo sanno apprezzare come arma temibile. E tutte le armi, anche quando sono utili a difenderci, fanno paura.

Non pare proprio un buon inizio per essere socialmente simpatici.

Basta?

Non basta.

2. Spesso la differenza fra una cosa positiva e una negativa è il momento in cui la si vive. Se ci pensi, certe scelte calate in un certo contesto storico paiono ottimi investimenti, mentre altrove, pur medesime, sembrano un lussuoso ed insostenibile spreco.

L’avvocato non è certo un vezzo, ma diviene oggetto di necessario interesse sempre quando hai già altri problemi. Per questo si coglie malvolentieri la necessità che debba essere pagato proprio quando le priorità paiono ben altre. Peccato che sia come stupirsi che senza l’acquisto delle medicine non si può guarire. A meno di non confidare negli stregoni od nella omeopatia giudiziaria.

Ad ogni buon conto, la necessità della ricerca dell’avvocato per la gestione del conflitto aumenta ancor di più il livore verso un soggetto che si fatica a sentire come un pari, che in effetti non è. Come non lo è il parroco rispetto ai parrocchiani o il medico per i pazienti.

Del resto, è fisiologico: l’avvocato rappresenta una parte all’interno di un attuale o potenziale conflitto interpersonale, sia nella fase pre-processuale sia nel corso del processo. L’obbligatorietà dell’assistenza tecnica nel secondo frangente rende spesso ineluttabile la scelta anche nel primo. Da questo vincolo necessitato, ma sentito come coatto, nasce perciò un senso di sofferenza che fa dimenticare il perché della scelta legislativa.

Non ci si ricorda mai che, in un universo giuridico complesso e strutturato come il nostro, ogni singolo cittadino in autogestione – con una sorta di bricolage del diritto – diverrebbe immediatamente vittima designata della controparte assistita da un un valente tecnico.

Sarebbe come correre a piedi contro un antagonista che gira in Ferrari. Equivarrebbe a farlo “vincere facile”.

Il concetto vale ancor di più nel mondo del diritto penale dove tutti possono capire al volo che il Pubblico Ministero avrebbe la certezza di condanne veloci senza contraddittorio o smentita.

3. Purtroppo, nell’immaginario collettivo c’è pure un motivo più grave per non apprezzare l’avvocato.

Quale? Non si capisce mai cosa possa avere poi fatto di così utile, ben riuscito e tanto prezioso. Del resto non è mica facile farsi un’idea di un prodotto che è per definizione:

  • immateriale,
  • non misurabile
  • e mai verificabile a priori.

L’avvocato parla di questioni del tutto virtuali e aliene dal comune sentire, come può esserlo il frutto di un ordinamento giuridico nato da una convezione sociale lontana nel tempo, di questioni le cui conseguenze sono tanto astratte e di lungo periodo da sfuggire ad ogni tangibilità odierna; per l’aggiunta, molto spesso non riesce nemmeno a tradurre in italiese quel linguaggio che usano i giudici nelle sentenze e che lui sembra replicare magari per emulazione.

Riassumendo: l’avvocato è facile da odiare perché:

  1. tutti coloro che ne hanno bisogno ne odiano già un’altro, quello di controparte;
  2. l’avvocato chiede di essere pagato proprio quando si è travolti da più gravi preoccupazioni personali e si fatica a comprendere questa sua urgenza (che spesso non viene nemmeno motivata per l’insulso orgoglio di chi non vuole dire di averne bisogno);
  3. l’avvocato ed il suo lavoro non sono mai valutabili prima di essersene avvalsi e, sovente, nemmeno dopo, così lasciando i suoi assistiti nell’eterno dubbio che forse non hanno avuto il meglio che pensavano di meritarsi.

Questo è il lato oscuro.

Questa è la notte dell’avvocatura.

Questa è la leggenda che sovrasta la vita di ogni giorno nel mondo forense.

Per fortuna esiste, sottaciuta e incompresa dalla massa, anche una realtà opposta che è capace di smentire i luoghi comuni. Ma non è facile darne divulgazione.

Purtroppo, la conoscenza di un mondo fatto di luci, eroismi ed impegno è celato proprio dalla stessa avvocatura che, invece di raccontarsi in funzione di quella logica di servizio per cui è nata, fa l’opposto e si confronta solo con se stessa citandosi davanti allo specchio. Fino alla noia.

Sarebbe invece giusto raccontare del sole che illumina i giorni della vita con la toga dell’avvocatura – che sia per tutti o meno.

Andiamo per ordine, rileggendo assieme il rovescio della medaglia.

Mercenario o paladino?

1. A ben pensarci, in opposizione a quanto narrato dalla vox populi, l’avvocato è davvero l’ultimo baluardo di chiunque abbia subito un’ingiustizia perché, per fortuna, è sempre partigiano, mai compatibile con una logica di compromesso (se non come risultato della raggiunta salvaguardia dei diritti prioritari di chi assiste).

Senza l’avvocato non puoi avere alcuna difesa, non puoi avere contraddittorio paritario nel processo e ti manca persino l’elaborazione del fondamento dei tuoi diritti per come riconosciuti dall’ordinamento positivo.

Per fortuna che esiste qualcuno che accetta di schierarsi al tuo fianco. Di combattere contro l’ingiustizia, di essere parte e di condividere, seppur parzialmente, le sorti di chi ha subito il torto. E non minimizziamo la condivisione perché, a dircela tutta, potendo, chi sceglierebbe la parte più debole e con minor possibilità di vittoria se non uno che lo fa per missione, per lavoro.

Spesa o investimento?

2. Tutto costa troppo. Vero? Anche no. Costa tanto quello che vale poco. Ma la tua vita cosa vale? Secondo me, Tu pensi che valga tantissimo. E allora perché ritenere che i tuoi diritti valgono poco?

Fare l’avvocato comprende anche l’essere avvocato: quello che Tu vuoi è chiedere a qualcuno che ha fatto una scelta di vita (preparazione, forma mentis, quotidianità)

  • di lavorare per Te.
  • Di essere il tuo alter ego aggiungendo la sua voce alla tua voce.
  • Di raccontare più forte il tuo punto di vista che altri non hanno voluto ascoltare.

La retribuzione di qual lavoro è giocoforza l’amplificatore di quella voce. Più è riconosciuto l’impegno, più incisiva è la motivazione. Vale per tutti, vale anche per l’avvocato. E proprio il momento di gravità che fa nascere l’esigenza di una difesa tecnica è quello che valorizza l’importanza della certezza con cui l’avvocato svolge la sua opera.

Speculare sulla qualità della corda non aiuta colui che deve essere tirato fuori dal baratro.

Può essere poi utile ricordare un’altra spiegazione del rapporto a volte poco empatico dell’avvocato: il professionista interviene in un momento delicato dell’esistenza del cliente e nasce perciò una sensazione di dipendenza per essere aiutati.

Un disagio nell’aver bisogno di un terzo estraneo. Un estraneo che non vuole esserti vicino da un punto di vista emotivo, che anzi rifugge, mentre vuole importi la sua lettura tecnica dei fatti vissuti dal cliente.

La carenza di vicinanza fra i due appare così più che probabile. ma non può che esserlo.

D’altra parte sarebbe come chiedere al medico di sentire gli stessi sintomi del paziente e di condividerne reazioni e proposte terapeutiche. In sè, la reazione è per certo spontanea, prevedibile se non persino scontata. L’effetto pure.

Aria fritta o know how?

3. Il prodotto appare intangibile perché è un prodotto intellettuale che presuppone l’interazione con esseri umani.

Ogni essere umano reagisce in modo diverso e le decisioni sul caso concreto variano di volta in volta sia nel tuo avversario che nel giudice. Vendere oggi all’assistito qualcosa di certo delle decisioni altrui e come offrire certezze sulle nevicate del prossimo anno, pure raccontando che si hanno poteri paranormali.

Se chiedi ad un avvocato di pesare la propria opera come fosse un quintale di farina fraintendi quello che vuoi dal suo lavoro, oppure avrai sul serio un quintale di farina.

Lo sai benissimo: non vuoi una lavatrice nuova, ma un amplificatore delle tue ragioni, dei tuoi diritti, un potenziatore delle tue capacità. Non cerchi qualcosa di preconfezionato, perché spiegare la tua vita, le sue necessità e quello che ha reso unico il tuo percorso, non può essere incellofanato e messo sullo scaffale del negozio.

Il lavoro dell’avvocato deve essere misurato di volta in volta mentre si adegua alle esigenze del tuo caso, della tua storia, delle tue necessità. E non vorresti qualcosa di diverso. Allora perché stupirsi di quello che stai cercando?

Ad ogni modo, tutto questo lo dimenticano pure gli avvocati. Da lì, la legittimazione sostanziale della mera pulsione emotiva corre veloce in discesa.

Una parola a parte merita poi la materia del gratuito patrocinio.

L’avvocato ha già dei problemi di immagine nella sua vita normale, pensiamo cosa accade quando lo mettono a lavorare in un contesto mal gestito dal sistema e pure con retribuzioni irrisorie.

Qui l’assistenza legale con il “patrocinio a spese dello stato” è avvertita dal cittadino come ancor più coattiva perché gli avvocati abilitati sono una minoranza di volonterosi che hanno altro di cui campare. Questo li fa sentire come imposti, e non oggetto di scelta libera, oltre che poco vocati alla mission.

Anche questa è un’occasione persa. Forse la più grande.

Il gratuito patrocinio è la massima prova della necessità dell’avvocatura come garante dei diritti che ci dovrebbero rendere un paese civile dove l’arbitrio del più forte, che sia Stato o altro soggetto privato, è sconfitto dalla tutela offerta dall’ordinamento ai più deboli.

La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo statuisce infatti che “Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.”
Ed è la stessa “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” (CEDU) a confermare che solo «Diritto ad un processo equo» garantisce la libertà dal sopruso.

Senza avvocati tutto questo non esiste. Tuttavia non lo si racconta.

Ci si dimentica così che solo attraverso l’avvocato ottieni di «essere informato, nel più breve tempo possibile e in un modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a tuo carico» o puoi disporre degli strumenti necessari per preparare la propria difesa.

La necessaria presenza di un legale è perciò manifesta conferma della possibilità di esercitare il diritto di difesa ed il patrocinio gratuito, quale garanzia di un diritto alla difesa non parametrato al reddito, è offerto solo dall’avvocatura che se ne sobbarca interamente il servizio. Proprio così.

Non lo si dice mai però, senza la struttura garantita dal mondo forense, l’attuazione dell’art. 24 della Costituzione – la tutela del diritto alla difesa – collasserebbe in un istante.

Sembra sempre che esistano solo i 8000 giudici a rappresentare la giustizia, mentre i 240.000 avvocati sono raccontati come un orpello. Peccato che gli uni senza gli altri contino poco. O meglio, offrano al cittadino solo lo scontro con il sistema e non il servizio di quest’ultimo.

Chiudiamo dicendocela per com’è: tutti odiano gli avvocati, ma in realtà ne odiano uno, quello avversario, od a volte due, magari il proprio, ma se ne hanno dannatamente bisogno per non essere relegati al ruoli di servi della gleba, senza diritti se non quello di essere aggiogati agli interessi altrui.

Ci si scherza sopra, con satira anche crudele, e si nasconde, per primi a noi stessi, che ciascuno vorrebbe invece avere qualcuno di loro così intimo da sentirlo davvero come il proprio sostituto virtuale.

Anzi, uno non basta e Tu vorresti persino averne di più per moltiplicare le tue forze e le tue ragioni.

Andrè Moreau

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