X

GLI ENTI NO PROFIT POSSONO AVERE IL GRATUITO PATROCINIO?

Chi può accedere al gratuito patrocinio nel processo?

E’ disponibile solo per le persone o anche per le società e le associazioni?

Patrocinio a spese dello stato

La risposta è, come spesso accade in diritto, “bisogna vedere”, ovvero bisogna distinguere fra processo civile e penale. Il tribunale di Milano è intervenuto sull’argomento precisando che il diritto all’assistenza di una difesa sostenuta dallo stato (il patrocinio a spese dello stato) vale anche per gli enti senza fine di lucro ove questi intendano costituirsi parte civile nei processi penali in cui esercitano l’azione civile a cui sono legittimati.

Diversamente agli stessi enti no profit non è consentito, in quanto manca espressa previsione di legge, accedere al gratuito patrocinio durante la fase delle indagini preliminari: ciò in quanto non è ammessa la costituzione di parte civile fino al momento dell’apertura dell’udienza preliminare.

La motivazione si trova nell’art. 119 del TU sulle spese di giustizia che ammette il patrocinio gratuito alle società  e alle associazioni non lucrative solo in materia di processo civile, amministrativo, contabile e tributario: come in effetti recita la norma alla rubrica del titolo IV° del DPR 115/2002.

A conferma, leggendo in correlazione l’art. 90 TUSG, norma di apertura del Titolo V “Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale”, si trova invece l’estensione del trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di gratuito patrocinio allo straniero ed all’apolide residente nello Stato. Non, dunque, ad enti e persone giuridiche, nemmeno a quelli “imputati” ex lege n. 231 del 2001, che, del reato, sono oggetto di un procedimento amministrativo devoluto alla cognizione del giudice penale.

L’estensione del trattamento previsto per il cittadino agli enti no profìt deve invero e ragionevolmente interpretarsi nel senso di ricomprendere al suo interno l’ipotesi di esperimento dell’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno in sede penale, sia perchè l’esercizio dell’azione civile nel processo penale è una facoltà prevista in termini generali dagli artt. 74 ss. c.p.p., sia perché, in caso contrario, si determinerebbe, rispetto alla situazione degli stessi enti ammessi al patrocinio a spese dello Stato nel processo civile.

Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo civile,
amministrativo, contabile e tributario

Capo I
Istituzione del patrocinio

ART. 119 (L)
(Equiparazione dello straniero e dell’apolide)

1. Il trattamento previsto per il cittadino italiano è assicurato, altresì, allo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare e all’apolide, nonchè ad enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività  economica.

Tribunale sez. III Milano, 14-12-2004, n. 739 (ord.)
Procedimento penale – Gratuito patrocinio

Sentenza edita in Diritto e giustizia, 2005, 5, 50; Il foro ambrosiano, 2004, 4, 503

L’ordinanza così motiva

“(Omissis) – Il Movimento ( ..), associazione non lucrativa, interveniva in qualità di persona offesa nella fase delle indagini preliminari nel procedimento penale apertosi a carico di (Tizio ed altri), a seguito del dissesto finanziario che ha colpito il gruppo (…). Nell’ambito di tale procedimento, in data 17 giugno 2004, il Movimento (. . .) presentava richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Con ordinanza notificata in data 7 luglio 2004 il Giudice per le Indagini Preliminari respingeva la suddetta istanza, motivando sotto il profilo della non applicabilità alle associazioni non lucrative dell’istituto del gratuito patrocinio nel processo penale (per il disposto dell’art. 119 TUSG, che con riferimento agli enti no profìt lo ammette limitatamente al processo civile, amministrativo, contabile e tributario) e sotto il profilo dell’assenza dei presupposti di reddito di cui all’art. 76 TUSG (per superamento dei limiti reddituali ivi previsti).

Il Movimento (. . .) proponeva ricorso avverso il provvedimento reiettivo del G.i.p., contestando entrambe le argomentazioni poste a suo fondamento.

In particolare, con il primo motivo di ricorso, il Movimento ( .. ) evidenziava che laddove l’art. 119TUSG riconosce ad enti e associazioni non lucrative la possibilità di essere ammessi al gratuito patrocinio nel processo civile, esso si riferisce alla natura civilistica dell’azione fatta valere e non alla sede (civile o penale) in cui essa venga esercitata, sicché l’istituto del patrocinio a spese dello Stato risulterebbe applicabile in favore di chi agisce per il risarcimento danni da atto illecito previsto dalla legge come reato tanto nel caso l’azione sia esperita in sede civile quanto nel caso sia esperita in sede penale, attraverso la costituzione di parte civile. Del resto, ad avviso del ricorrente, qualora si prediligesse un’interpretazione strettamente letterale della norma considerata, la stessa risulterebbe in contrasto con gli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione della Repubblica, nella parte in cui; diversamente da quanto dispone per le persone fisiche l’art. 74 del medesimo TUSG, non prevede per gli enti no profit l’applicazione dell’istituto del gratuito patrocinio a spese dello Stato nel processo penale.

Con il secondo motivo di ricorso, dopo aver premesso di non essere titolare di alcun diritto di proprietà su beni immobili e mobili registrati: il Movimento ( . ) rilevava che erroneamente il Gip aveva ritenuto fonti di reddito le forme di finanziamento previste statutariamente (quote associative e progetti ottenuti in accordo con la pubblica amministrazione), in quanto la legislazione vigente (art. 2 bis e 5 D.Lgs. n. 460 del 1997) esclude espressamente che le erogazioni di privati e i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche concorrano alla formazione del reddito imponibile degli enti non commerciali.

Il primo motivo di ricorso è infondato, nei termini meglio indicati in prosieguo.

L’art. 74 TUSG, ammette in via generale il cittadino non abbiente al patrocinio legale dello Stato nel processo penale (nella sua veste di indagato, imputato, condannato, persona offesa dal reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria), civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione.

L’art. 90 TUSG, norma di apertura del Titolo V “Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale”, estende il trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di gratuito patrocinio allo straniero ed all’apolide residente nello Stato. Non, dunque, ad enti e persone giuridiche, nemmeno a quelli “imputati” ex lege n. 231 del 2001, che, del reato, sono oggetto di un procedimento amministrativo devoluto alla cognizione del giudice penale.

L’art. 119 TUSG, norma di apertura del Titolo V “Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario”, estende il trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di gratuito patrocinio, oltre che allo straniero regolarmente presente sul territorio dello Stato ed all’apolide, anche agli enti o associazioni che non eseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica.

La collocazione di quest’ultima norma fa ritenere che essa riguardi certamente il trattamento degli enti non lucrativi ai fini del patrocinio a spese dello Stato, nel processo civile, amministrativo contabile, tributario e che, quindi essa non riguardi il processo penale in sé.

Nondimeno, l’estensione del trattamento previsto per il cittadino agli enti no profìt deve ragionevolmente interpretarsi nel senso di ricomprendere al suo interno l’ipotesi di esperimento dell’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno in sede penale, sia perché l’esercizio dell’azione civile nel processo penale è una facoltà prevista in termini generali dagli artt. 74 ss. c.p.p., sia perché, in caso contrario, si determinerebbe, rispetto alla situazione degli stessi enti ammessi al patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, una irragionevole disparità di trattamento rilevante ex art. 3 e 24 comma 2 cost. o comunque una limitazione della possibilità di agire civilmente in sede penale rilevante ex artt. 3 e 24 comma 3 Cost.

Del resto, l’interpretazione appena esposta e avvalorata dallo stesso art. 120 TUSG (rubricato “Ambito di applicazione” in relazione al citato art. 119 TUSG) il quale, nell’escludere che la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato rimasta soccombente in primo grado possa “giovarsi dell’ammissione per proporre impugnazione, salvo che per l’azione di risarcimento del danno nel processo penale”, presuppone l’applicabilità del gratuito patrocinio al caso di esperimento dell’azione di risarcimento del danno in sede penale ed anzi la estende a tutti i gradi del processo penale.

Ammessa l’estensione agli enti no profit del trattamento relativo al patrocinio a spese dello Stato riservato al cittadino nel processo civile, appare conseguente affermare che l’estensione medesima è limitata all’esercizio dell’azione civile nel processo penale. Anche perché, come si è visto, l’art. 90 TUSG non opera alcuna estensione, a favore degli enti no profit, del trattamento previsto per il cittadino coinvolto nel processo penale.

Siccome però l’azione civile nel processo penale può essere proposta solo per l’udienza preliminare e non nella fase delle indagini, è evidente che agli enti no profit non è stato esteso il trattamento previsto per il cittadino quando questi assuma soltanto la veste di persona offesa dal reato.

La differenziazione è ragionevole atteso che, come si desume dalla disciplina prevista dagli arti. 90 e ss. c.p.p., il legislatore ha inteso disciplinare in modo particolare e formale l’intervento di associazioni rappresentative di interessi diffusi nel procedimento penale (artt. 92 e 93 c.p.) e che la figura dell’offeso dal reato, con riferimento ad associazioni rappresentative di interessi diffusi, presenta sempre, in linea generale, particolari problematiche di legittimazione. Si aggiunga che, nella fase delle indagini preliminari, al di là di quanto previsto dall’art. 93 c.p.p., non è prevista sede giurisdizionale in cui il giudice possa valutare l’esistenza di tale legittimazione.

È’, dunque, ragionevole che, nella fase delle indagini, non sia assicurato il patrocinio a spese dello Stato ad associazioni rappresentative di interessi diffusi che, come risulta essere nel caso di specie, siano intervenute nella fase delle indagini come persona offesa dal reato senza però spiegare formale intervento ex art. 93 c.p.p. Si aggiunga che la persona offesa, come tale, ai sensi dell’art. 101 c.p.p., può, ma non deve sempre e necessariamente, specie con riferimento alla fase delle indagini e non a specifici atti, munirsi di un difensore.

Si potrebbe discutere delle legittimità costituzionale della limitazione sopra indicata con riferimento ad associazioni che abbiano spiegato l’intervento ex art. 93 c.p.p. – caso in cui; tra l’altro, la legittimazione dell’associazione è soggetta a valutazione giudiziale ed essa sta in giudizio con il ministero di un difensore procuratore speciale (art. 100 e 101 c.p.p.) -, ma la questione è, nel caso di specie, irrilevante, non risultando che il Movimento (.. ) abbia spiegato intervento ex art. 93 c.p.p. nel processo a carico di (Tizio ed altri).

Dunque, sotto questo profilo, il ricorso del Movimento (.. ) deve essere rigettato, non essendo ammesso il gratuito patrocinio a favore di enti no profit che siano intervenuti nella fase delle indagini come persone offese ex art. 92 c.p.p., senza spiegare intervento ex art. 93 c.p.p. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

Riconosciuta la possibilità per gli enti no profit costituitisi parte civile nel processo penale di essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, occorre individuare quali siano le condizioni di ammissione a tale beneficio.

Come si è visto, l’art. 119 TUSG estende il trattamento riservato al cittadino non abbiente ad enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica, sicché anche per tali enti troverà applicazione, con i dovuti adattamenti l’art. 76 TUSG.

Tale norma, nel fissare le condizioni di ammissione al gratuito patrocinio con riferimento al cittadino non abbiente, al primo comma richiede la titolarità di, “un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a curo 9.296,22, mentre al terzo comma specifica che “ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito del persone fisiche (IRPEF)”.

In particolare, agli enti no profit è riferibile in termini identici rispetto al cittadino non abbiente il limite reddituale di euro 9.296,22 (aggiornato a euro 10.628,16), mentre, adattando a tali enti il riferimento ai “redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) “(comma 3 dell’art. 76 cit.), si deve ritenere che, ai fini della determinazione dei limiti di reddito previsti per il patrocinio a spese dello Stato, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle associazioni non commerciali.

Tale disciplina normativa – comune al cittadino ed agli enti no profit – non è irragionevole. Il legislatore ha voluto che particolari disposizioni che rendono fiscalmente neutro un ricavo od un reddito – dunque una ricchezza – effettivamente esistenti, non si trasformassero in un indiretto beneficio anche sul piano, del tutto diverso, dei presupposti del pagamento da parte dello Stato delle spese processuali, Inoltre ben si comprende che l’azione delle associazioni no profit possa essere agevolata sotto il profilo fiscale, ma si comprende anche che il legislatore esenti lo Stato dal pagare le spese processuali a quelle associazioni che godono di introiti superiori al suindicato limite di legge, specie quando quegli introiti, come con riferimento al Movimento ( ..), derivano da versamenti degli associati corrisposti allo specifico scopo di tutelare anche in giudizio interessi diffusi (art. 2 lett. h, Statuto Movimento ( . .).

Di conseguenza, nel provvedimento in questa sede oggetto di impugnazione, correttamente il G.i.p. ha considerato quali fonti di reddito rilevanti ai sensi dell’art, 76 TUSG le quote associative e i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche, indicati quali fonti di finanziamento nello statuto del Movimento ( . .), acquisito agli atti. – (Omissis)”.

www.avvocati.venezia.it


, ,

Alessio Alberti:

View Comments (4)

Related Post