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GRATUITO PATROCINIO: LIQUIDABILE ANCHE IN CASO DI TRANSAZIONE

GRATUITO PATROCINIO: LIQUIDABILE ANCHE IN CASO DI TRANSAZIONE ED ABBANDONO DELLA CAUSA

Cassazione gratuito patrocinio e liquidazione spese

Il Tribunale di Alessandria accoglie l’impugnazione del provvedimento che non liquidava un procedimento in gratuito per il quale era soppraggiunto l’abbondono della lite perchè

L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fino a quando non sia revocato, continua, pur in caso di composizione della lite, a produrre i suoi effetti, vale a dire l’obbligo dell’erario di procedere all’anticipazione delle spese e degli onorari dovuti al difensore, il quale, pertanto, ha il diritto alla loro liquidazione; mentre allo Stato spetta il relativo recupero – dalla persona ammessa al beneficio – ove ne sussistano le condizioni”.

In altre parole certamente lo Stato – in caso di rinuncia così come in caso di transazione o in genere conciliazione della lite, e negli altri casi si estinzione del processo (tutti addebitabili o comunque dipendenti anche dalla scelta della parte ammessa al Gratuito Patrocinio) – così come previsto dall’art. 134 comma II D.P.R. 115/02 ha diritto di recuperare le spese che ha pagato, rivalendosi sulla parte ammessa al beneficio, ma proprio per questo diritto di rivalsa posto dalla legge a favore dello Stato, di cui non ci sarebbe stata altrimenti alcuna necessità di previsione, è da escludere che lo Stato possa essere esentato dal pagare al difensore le sue spettanze.

Vedasi principio enunciato da Corte di Cassazione, Sez. II, n. 10187 dell’11 aprile 2019.

Si riporta di seguito il testo integrale del merito.

Avv. Alberto Vigani

Per Associazione Art. 24 Cost.

 

***

TRIBUNALE DI ALESSANDRIA

SEZ. Civile

N.716/2021 Ruolo generale

Il Tribunale, in persona del giudice dott.ssa Antonella Dragotto ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel procedimento ex art. 170 D.P.R. 30/5/2002 n. 115 e 15 D.L.vo 150/11
per opposizione a decreto di pagamento spese di giustizia promosso dall’Avv.to Anna Maria Chiama.

L’opposizione in questione ha ad oggetto il decreto 2 febbraio 2021 con cui il Tribunale di Alessandria, in composizione collegiale, ha rigettato l’istanza di liquidazione dei compensi professionali maturati dall’avv.to Anna Maria Chiama in qualità di difensore di AAA, ammessa al Patrocinio a spese dello Stato.

La parte opponente ha chiesto che venga accertata l’illegittimità del provvedimento impugnato e che lo stesso venga annullato, procedendosi poi alla liquidazione delle sue spettanze.

Si è costituita in giudizio l”Avvocatura dello Stato, la quale ha eccepito il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate, convenuta in giudizio unitamente al Ministero della Giustizia.

Nel merito ha chiesto il rigetto dell’opposizione, sostenendo la legittimità del provvedimento impugnato e la non inerenza al caso di specie del precedente giurisprudenziale di legittimità citato dalla ricorrente.

Sulla legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate.

Sul punto appare condivisibile la difesa dell’Avvocatura. Ed invero è notorio che le spese per il Patrocinio a spese dello Stato vengono sostenute dal Ministero della Giustizia, unico legittimato passivo della relativa domanda di pagamento.

In particolare non è possibile riconoscere all’Agenzia delle Entrate alcuna funzione in tema di erogazione dei compensi dovuti ad ausiliari del Giudice o ai difensori incaricati di esercitare la difesa in regime di Patrocinio a spese dello Stato.

Sulla legittimità del provvedimento impugnato.

La AAA, ammessa al Patrocinio a spese dello Stato, ha promosso a luglio 2019 il giudizio n. 2263/19 per dichiarazione di scioglimento del suo matrimonio, e vi ha poi rinunciato dopo che era stata celebrata l’udienza presidenziale ed emesso il relativo provvedimento, presentato un ricorso per correzione errore materiale contenuto nel provvedimento provvisorio presidenziale, e fissata l’udienza per la prosecuzione del giudizio dinanzi al Giudice Istruttore.

La motivazione del rigetto sta nel fatto che l’assistita dell’Avvocato Chiama ha rinunciato agli atti del giudizio e ciò farebbe venir meno i presupposti per la liquidazione della parcella del difensore, in quanto, a norma dell’art. 134 T.U. Spese di giustizia, la persona ammessa al Patrocinio a Spese dello Stato sarebbe onerata, se vuole fruire del patrocinio, di far giungere il giudizio instaurato ad una pronuncia di merito, che possa aprire allo Stato le porte del recupero delle spese erogate o erogande in suo favore dallo Stato; nel caso ciò non accada, come nell’ipotesi di rinuncia agli atti del giudizio, il compenso del difensore deve essere posto a carico della parte ricorrente che ha rinunciato al giudizio e non si potrebbe far luogo alla liquidazione a carico dello Stato.

Avverso tale provvedimento ha proposto opposizione l’Avv.to Chiama la quale ha evidenziato l’erroneità in diritto della decisione impugnata, richiamandosi, a sostegno delle due difese, all’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. II, n. 10187 dell’11 aprile 2019. La ricorrente ha quindi chiesto l’annullamento dell’impugnato decreto, e la liquidazione, a carico dello Stato, delle sue spettanze.

L’opposizione è fondata e deve essere accolta.

Ed invero il provvedimento impugnato opera un’indebita confusione fra il rapporto che con il Gratuito Patrocinio si instaura fra lo Stato e l’Avvocato che presta il patrocinio, con il rapporto che si instaura fra lo Stato e la persona ammessa al Gratuito Patrocinio: in particolare estende indebitamente anche al rapporto fra lo Stato e il Difensore patrocinante gli effetti che sul rapporto fra lo Stato e l’ammesso al Gratuito Patrocinio discendono dalla rinuncia al giudizio da parte di quest’ultimo.

Con ciò subordina il diritto del difensore al suo compenso, ad una condizione del tutto estranea alla sfera di controllo del difensore stesso, ossia che la parte ammessa al Patrocinio non rinunci al giudizio.

Il Tribunale richiama l’art. 134 T.U. Spese di Giustizia, a mente del quale se la parte ammessa al Patrocinio a Spese dello Stato rinuncia al giudizio lo Stato ha diritto di rivalersi nei suoi confronti per le spese anticipate o prenotate a debito, per giungere da un lato ad una conclusione corretta, e cioè che se chi si è avvalso del gratuito Patrocinio rinuncia al giudizio perde ab initio i benefici dell’ammissione, dall’altro ad una sbagliata e cioè che gli effetti di tale scelta si riverberano anche sul difensore, il quale perderebbe il suo diritto alla liquidazione del compenso a carico dello Stato.

Come si evince dalla lettura di Cass. Sez. II, n. 10187 dell’11 aprile 2019 – pronunciata a proposito di un caso in cui il giudizio si era estinto per intervenuta transazione, ma certamente estensibile al caso che ci occupa sia perché gli effetti della transazione e della rinuncia sono gli stessi ( estinzione del giudizio, con sua conseguente impossibilità di “giungere ad una pronuncia di merito che possa aprire allo Stato le porte del recupero delle spese erogate o erogande in suo favore dallo Stato” secondo le precise parole di cui al provvedimento impugnato”), sia perché i due casi sono accomunati e normati in modo uguale dall’art. 134 comma II T.U. Spese di Giustizia – “L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fino a quando non sia revocato, continua, pur in caso di composizione della lite, a produrre i suoi effetti, vale a dire l’obbligo dell’erario di procedere all’anticipazione delle spese e degli onorari dovuti al difensore, il quale, pertanto, ha il diritto alla loro liquidazione; mentre allo Stato spetta il relativo recupero – dalla persona ammessa al beneficio – ove ne sussistano le condizioni” ( sottolineatura dello scrivente) .

In altre parole certamente lo Stato – in caso di rinuncia così come in caso di transazione o in genere conciliazione della lite, e negli altri casi si estinzione del processo (tutti addebitabili o comunque dipendenti anche dalla scelta della parte ammessa al Gratuito Patrocinio) – così come previsto dall’art. 134 comma II D.P.R. 115/02 ha diritto di recuperare le spese che ha pagato, rivalendosi sulla parte ammessa al beneficio, ma proprio per questo diritto di rivalsa posto dalla legge a favore dello Stato, di cui non ci sarebbe stata altrimenti alcuna necessità di previsione, è da escludere che lo Stato possa essere esentato dal pagare al difensore le sue spettanze.

Né possono condurre a diversa conclusione eventuali argomentazioni basate su possibili abusi del processo, perpetrati dal difensore, dalla parte ammessa al beneficio, o da entrambi in accordo tra loro: a questa evenienza infatti soccorre l’art. 136 del T.U. spese di giustizia, a mente del quale l’ammissione al beneficio può sempre essere revocata, se risulta che l’interessato abbia agito in giudizio con malafede o colpa grave, situazioni queste a cui viene ormai dalla giurisprudenza sempre più spesso affiancata quella più generale di ogni caso in cui si possa riscontrare un abuso del processo, che in questo caso diverrebbe altresì abuso del Patrocinio a spese dello Stato; revoca, si badi bene, che, a norma dell’art. 136 ora citato, u.c., avrebbe efficacia assolutamente retroattiva, travolgendo pertanto ogni diritto di pagamento del difensore.

In questi precisi termini vedi, ancora una volta, la già citata sentenza della Suprema Corte, a mente della quale: ” Invece se il provvedimento di ammissione è revocato“ ( omissis) in quanto “la proposizione della domanda, così come la resistenza a quella avversaria possano essere considerate frutto di abuso del diritto avendo l’interessato agito o resistito in malafede o colpa grave, lo Stato ha in ogni caso il diritto di recuperare in danno dall’interessato le somme eventualmente già pagate”, così come, qui si aggiunga, di non pagare quelle richieste per attività espletate ma non ancora pagate, stante l’effetto retroattivo della revoca.
In conclusione il provvedimento impugnato appare affetto da vizio di motivazione e pertanto deve essere revocato.

Sul diritto dell’Avv.to Chiama alla liquidazione del suo compenso.

Per quanto sopra evidenziato, stabilito il diritto della ricorrente alla liquidazione del suo compenso a norma dell’art. 134 T.U. Spese di Giustizia, occorre a questo punto chiedersi se la condotta della sig.ra AAA consistita nel chiedere dapprima lo scioglimento del suo matrimonio per poi rinunciarvi anzitempo, dopo aver provocato l’introduzione del giudizio, l’udienza Presidenziale, l’emissione del provvedimento Presidenziale, un ricorso per la sua correzione poi accolto, ed un’udienza davanti al Giudice Istruttore, possa configurare un abuso del diritto al processo ai sensi dell’art. 136 commi II e III T.U. sopra indicato.

Ebbene ritiene il Tribunale che sebbene la condotta della AAA sia stata certamente improntata ad una certa superficialità, nel senso di non adeguata ponderazione delle sue iniziali decisioni, non constando al Tribunale alcun elemento che giustifichi il repentino cambio di intenzioni che si è manifestato con la rinuncia al procedimento di divorzio ( la domanda di divorzio in sé era più che giustificata vedi le motivazioni di cui al ricorso sub doc.1), tuttavia neppure vi siano elementi sufficienti per ritenere tale condotta come indicativa di malafede o colpa grave o in genere abusiva del diritto al processo.

Ed invero si è qui nell’ambito di diritti personalissimi, quale quello allo scioglimento del matrimonio, che difficilmente possono essere sindacati in una sede come la presente, ben potendo essere accaduto che per fatti sopravvenuti, così come per convinzioni di tipo religioso o altro, la ricorrente abbia legittimamente cambiato idea.
Del che non se ne può fare una colpa a lei e tantomeno al difensore.

Si procede dunque alla liquidazione della parcella dell’Avvocato Chiama cui si riconoscono le fasi di studio e introduttiva relative al procedimento di divorzio ( causa avente valore indeterminabile basso) per un totale di € 2.767,00 ai sensi della tabella 2 del D.M. 55/14, valori medi, oltre a € 500,00 per l’istanza di correzione errore materiale, in tutto € 3.267,00; operata la riduzione del 50% prevista dall’art. 130 D.P.R. 115/02 si giunge all’importo di € 1633,50, oltre spese generali nella misura del 15% dei compensi, Iva e CPNA nelle percentuali di legge.

Per quanto riguarda le spese di questo procedimento vengono poste a carico del Ministero della Giustizia, soccombente nei confronti della ricorrente, e a carico della ricorrente soccombente nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

Le spese si liquidano in € 810 ( valori medi causa di valore compreso fra € 1.100 e € 5200, fasi di studio e introduttiva) per entrambi i casi.

p.q.m.

Il Tribunale, ogni altra istanza disattesa:

Revoca il decreto di questo Tribunale pronunciato nella causa n. 2263/19 del 2 febbraio 2021 di rigetto dell’istanza di liquidazione compensi dell’avvocato Anna Maria Chiama, quale difensore di AAA, ammessa al Patrocinio e spese dello Stato;

liquida i compensi a favore dell’Avvocato Chiama in € 1633,50, oltre spese generali nella misura del 15% dei compensi, Iva e CPNA nelle percentuali di legge, ponendo il pagamento degli stessi a carico dello Stato;
Condanna il Ministero della Giustizia a pagare alla ricorrente le spese di lite che liquida in € 810,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% dei compensi, Iva e CPNA nelle percentuali di legge; ù

Condanna ____ a pagare all’Agenzia delle Entrate le spese di lite che liquida in € 810,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% dei compensi, Iva e CPNA nelle percentuali di legge;

Così deciso in Alessandria, il 28 maggio 2021

Il Giudice
 
(Dr.ssa Antonella Dragotto)

Ordinanza Tribunale Alessandria
Alessio Alberti:
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