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GRATUITO PATROCINIO: L’AMMISSIONE DI ENTRAMBE LE PARTI NON FA CONSEGUIRE LA RIFUSIONE A CARICO ERARIO

GRATUITO PATROCINIO: L’AMMISSIONE DI ENTRAMBE LE PARTI NON FA CONSEGUIRE LA RIFUSIONE A CARICO ERARIO DELLE SPESE DEL SOCCOMBENTE

CASSAZIONE E GRATUITO PATROCINIO

Cassazione Civile 13/11/2020, n. 25653: “l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, ex art. 74, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, non vale ad addossare allo Stato anche le spese che la parte ammessa sia condannata a pagare all’altra parte, risultata vittoriosa.”

In conferma di Cass. n. 8388 del 31/03/2017, Cass. civ. n. 10053 del 19/06/2012 e Tribunale di Pesaro Sez. I, Sent., 05/03/2016.

In parallelo, la parte soccombente – a prescindere dalla circostanza che sia stata o meno ammessa al patrocinio a spese dello Stato – se condannata a rifondere le spese processuali a favore della controparte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, deve effettuare il versamento in favore dello Stato (Cass. n. 7504 del 31/03/2011).

Di seguito si riporta il testo integrale della sentenza della corte di legittimità.

Avv. Alberto Vigani

per Associazione Art. 24 Cost.

***

Cass. civ., Sez. VI – 1, Ord., (data ud. 22/09/2020) 13/11/2020, n. 25653

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2910-2019 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO MIGLIORELLI;

– ricorrente –

contro

S.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA CRISTINA PUCCI;

– controricorrente –

avverso il decreto n. A.G. 351/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositato il 13/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA TRICOMI.

Svolgimento del processo

che:

B.S. propone ricorso con due mezzi, corroborato da memoria, avverso il decreto della Corte di appello di Ancona, in epigrafe indicato, che aveva confermato il decreto del Tribunale di Macerata; quest’ultimo, adito da entrambi i coniugi per conseguire la modifica delle condizioni contenute nella sentenza di separazione n. 496 del 2013, disciplinanti l’affido e la regolamentazione del rapporto con i figli nonchè le condizioni economiche della separazione, aveva disposto l’affido della minore S. ai Servizi sociali disciplinando il diritto di vista paterno ed aveva stabilito assegno di mantenimento per i figli a carico del padre, commisurandolo alle condizioni economiche dei genitori ed al tempo di permanenza presso ciascuno.

S.E. ha replicato con controricorso.

Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380 bis c.p.c..

Motivi della decisione

che:

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., dell’art. 337 octies c.c., comma 1, dell’art. 337 ter c.c., commi 1 e 2.

Il ricorrente si duole che la Corte anconetana non abbia tenuto conto delle critiche svolte in sede di reclamo avverso le modalità di assunzione dell’audizione della minore (all’epoca dodicenne); lamenta che era stata effettuata in primo grado dal Giudice istruttore nel 2016 senza l’ausilio di un soggetto specializzato e con modalità che avevano inficiato l’autenticità e la genuinità delle dichiarazioni, con negative ricadute sui provvedimenti visto che detta audizione era stata assunta come elemento fondamentale per determinare modi e tempi di presenza della figlia presso ciascun genitore, nonostante fosse stato acclarato già nel corso del giudizio di separazione che i figli venivano condizionati dalla madre.

Sostiene che la Corte territoriale, assumendo come elemento fondamentale l’ascolto della minore così esplicato, non aveva garantito il diritto di difesa ed aveva violato il principio del diritto della minore a mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, sancito dall’art. 337 ter c.c., commi 1 e 2.

Il motivo, in disparte dai profili di inammissibilità, laddove la censura sembra rivolta alla decisione di primo grado, piuttosto che a quella di appello, è manifestamente infondato.

Giova premettere che l’ascolto diretto del minore da parte del giudice, espressamente previsto dall’art. 337 octies c.c., ha la funzione di dare spazio alla partecipazione attiva di questi al procedimento che lo riguarda, come è stato chiarito da questa Corte che ha affermato che

“In tema di separazione personale tra coniugi, ove si assumano provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l’audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, costituisce adempimento previsto a pena di nullità, in relazione al quale incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione – tanto più necessaria quanto più l’età del minore si approssima a quella dei dodici anni, oltre la quale subentra l’obbligo legale dell’ascolto – non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore, ma anche qualora il giudice opti, in luogo dell’ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico,

atteso che l’ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, mentre la consulenza è indagine che prende in considerazione una serie di fattori quali, in primo luogo, la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori, la relazione in essere con il figlio.” (Cass. n. 12957 del 24/05/2018).

Ne consegue che la censura portata all’ascolto compiuto direttamente dal giudice non coglie nel segno.

Va peraltro rimarcato che nel caso di specie, come si evince dal decreto impugnato, l’ascolto della minore, venne seguito anche dall’espletamento di consulenza tecnica, di guisa che è stato raccolto l’apporto professionale dell’esperto nella complessa disamina delle conflittuali relazioni familiari in esame, già oggetto di pregresse consulenze nei diversi giudizi che si sono succeduti tra le stesse parti, di cui la Corte di appello dà conto.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 337 ter c.c., comma 4.

Il ricorrente si duole che, nello statuire in ordine alle attribuzioni economiche, la Corte territoriale non abbia ravvisato sostanziali modifiche delle condizioni economiche delle parti rispetto a quelli tenute presenti dal Tribunale di Macerata al momento della pronuncia della sentenza di separazione (2013).

In particolare lamenta che non si sia tenuto conto del peggioramento delle sue condizioni economiche dimostrato dal rapporto di lavoro part time intrapreso con l’Università.

Lamenta altresì la violazione del principio di proporzionalità, sostenendo che non si è tenuto conto del fatto che S. esponeva costi per Euro 3.000,00=, superiori alle sue possibilità, atteso che non dichiarava reddito.

Orbene, va rimarcato che la Corte di appello si è soffermata ed ha valutato le circostanze di fatto su cui il ricorrente nuovamente insiste ed il motivo risulta in realtà inammissibile, in quanto, pur denunciando una violazione di legge, sollecita un riesame delle complessive risultanze processuali e di personali deduzioni afferenti alle situazioni economiche e reddituali delle due parti in causa, già valutate, non consentito in sede di legittimità, a meno che non si trasfonda nella prospettazione di un vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, fattispecie che, nel caso, non ricorre (Cass. SU n. 34476 del 27/12/2019; Cass. n. 6519 del 06/03/2019).

3.1. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo e vanno corrisposte a favore dello Stato, come disposto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 133.

Nel caso di specie, avendo entrambe le parti costituite dichiarato di essere state ammesse provvisoriamente al patrocinio a spese dello Stato, va ribadito che “Il patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 74, comma 2, non vale ad addossare allo Stato anche le spese che la parte ammessa sia condannata a pagare all’altra parte, risultata vittoriosa.” (Cass. n. 8388 del 31/03/2017)

e che la parte soccombente – a prescindere dalla circostanza che sia stata o meno ammessa al patrocinio a spese dello Stato – se condannata a rifondere le spese processuali a favore della controparte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, deve effettuare il versamento in favore dello Stato (Cass. n. 7504 del 31/03/2011).

Il processo risulta esente.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00=, oltre accessori, da corrispondere in favore dello Stato;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52;

– Dà atto che non sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, perchè il processo risulta esente.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

Alessio Alberti:
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