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CASSAZIONE & GRATUITO PATROCINIO: PRECEDENTI PENALI NON BASTANO X ESCLUSIONE

CASSAZIONE & GRATUITO PATROCINIO: PRECEDENTI PENALI NON BASTANO X ESCLUSIONE

CASSAZIONE E GRATUITO PATROCINIO

La Suprema Corte, con la sentenza n. 7032/2023, precisa che non può argomentarsi in modo univoco la non accoglibilità della richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato sulla sola base di precedenti penali del richiedente, sia pure per reati contro il patrimonio,  insufficienti a far ritenere che l’interessato abbia percepito redditi illeciti non dichiarati nell’anno di riferimento.

Riportiamo di seguito il testo integrale della sentenza.

Alberto Vigani

per Associazione Art. 24 Cost.

***

Cass. civ., Sez. IV, Sent., (data ud. 1/2/2023), n. 7032/2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. A, con il ministero del difensore, impugna innanzi alla Corte di Cassazione l’ordinanza con la quale il Tribunale di Foggia, sezione civile, ha rigettato il ricorso presentato ex artt. 99, d.P.R. 115/2002 e 702-bis
cod.proc.civ. avverso il decreto del 2019, con il quale era stata rigettata l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per non abbienti nel procedimento penale .

Nel provvedimento impugnato in questa sede si legge che il M é gravato da 16 precedenti penali per reati contro il patrimonio, prevalentemente truffe, che lasciano presumere l’inattendibilità di quanto dallo stesso dichiarato
nella domanda di ammissione in ordine alla sua posizione reddituale.

Precisa il giudice che si desume dall’importo considerevole delle multe irrogate per talune condanne, che le condotte criminose, ripetute nel tempo, abbiano riguardato proventi illeciti cospicui.

Si è quindi ritenuto che, di fatto, il ricorrente vivesse con i profitti, anche di non lieve entità, derivanti dalla sua reiterata e costante attività criminosa.

2. A fondamento del ricorso la difesa di articola due motivi di doglianza.

2.1. Con il primo motivo l’esponente lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Con il secondo motivo l’esponente lamenta violazione dell’art. 96, comma 2, d.P.R. 115/2002.

Le ragioni di doglianza – pur aggredendo il provvedimento impugnato per vizi all’apparenza diversi – convergono sulla essenziale censura della erroneità del discorso giustificativo posto a fondamento del diniego del beneficio, in ragione della considerazione – del tutto generica – di remoti precedenti del richiedente per reati contro il patrimonio.

Si censura l’argomentazione riguardante la presunzione di superamento dei limiti reddituali dichiarati dall’istante, formulata in modo astratto e generico; si sostiene che sia stata annessa la considerazione di elementi decisivi per il giudizio, comprovanti l’insussistenza di redditi rilevanti ai fini del superamento della soglia di ammissione, desumibili dalle informazioni reddituali raccolte nel corso dell’istruzione della procedura.

La difesa lamenta inoltre come il giudice abbia ignorato i principi giurisprudenziali in forza dei quali il mero riferimento alla sussistenza di numerosi precedenti penali non consente di fondare un giudizio di non meritevolezza del beneficio, in assenza di esplicitazioni riguardanti il tenore di vita del richiedente e del suo nucleo familiare o la disponibilità di beni di valore,
incompatibili con uno stato economico di insufficienza di mezzi.

Nell’articolata requisitoria scritta, il Procuratore generale presso la Corte ha concluso per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3. Il ricorso é fondato, nei termini di seguito illustrati.

Assorbente è il rilievo in base al quale non può argomentarsi in modo univoco la non accoglibilità della richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato sulla sola base di precedenti penali del richiedente, sia pure per reati contro il patrimonio,  insufficienti a far ritenere che l’interessato abbia percepito redditi illeciti non dichiarati nell’anno di riferimento.

La giurisprudenza di questa Corte ha affermato in plurime pronunce che, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il giudice deve tenere conto anche dei redditi da attività illecite percepiti dall’istante, la cui esistenza può essere provata ricorrendo a presunzioni semplici; e tuttavia l’indicazione, ad opera della legge, di un limite reddituale al di sotto del quale l’imputato ha diritto al beneficio, impone al giudice di indicare in modo puntuale sulla scorta di quali elementi si possa ritenere superata tale soglia [cfr. Sez. 4, n. 44900 del 18/09/2018, Troiano, Rv. 274271, così massimata:

“Ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato il giudice deve tenere conto anche dei redditi da attività illecite percepiti dall’istante, la cui esistenza può essere provata anche ricorrendo a presunzioni semplici; tuttavia l’indicazione, ad opera della legge, di un limite reddituale al di sotto del quale l’imputato ha diritto al beneficio, impone al giudice di indicare sulla scorta di quali elementi si possa ritenere superata tale soglia. (Fattispecie di annullamento con rinvio dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio che aveva desunto l’insussistenza del requisito reddituale esclusivamente dalla presenza di precedenti penali, per reati contro il patrimonio, a carico del ricorrente,omettendo di considerare che l’unico precedente risalente all’anno di riferimento era un delitto tentato, da cui il ricorrente non aveva tratto reddito)].

Deve rammentarsi in proposito che l’art. 96, comma 2, T.U. spese giustizia, stabilisce che l’istanza vada respinta “se vi sono fondati motivi per ritenere che l’interessato non versa nelle condizioni di cui agli articoli 76 e 92, tenuto conto
del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte”.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, i requisiti di gravità, precisione e concordanza, indicati dall’art. 2729 cod. civ., perché gli indizi possano assurgereal rango di prova presuntiva, debbono essere valutati con rigore e con adeguatoriferimento ai fatti noti, dai quali risalire con deduzioni logiche ai fatti ignorati, il cui significato deve essere apprezzato senza ricorrere ad affermazioni generiche, sommarie o cumulative: ad esempio, possono assumere rilievo a tal fine il tenoredi vita dell’interessato e dei familiari conviventi, come pure qualunque altro fattoche riveli la percezione, lecita o illecita, di reddito (cfr. Sez. 4, Sentenza n.
25044 del 11/04/2007, Salvemini e altri, Rv. 237008).

In tale quadro, non può dirsi corretta, per la sua genericità, l’osservazione, contenuta nell’ordinanza impugnata, secondo la quale il ricorrente é inattendibile nella sua dichiarazione a fini reddituali sull’unico rilievo che egli é gravato danumerosi precedenti per reati contro il patrimonio.

Invero tali circostanze, che nel percorso argomentativo vengono poste a base della decisione impugnata, non possono qualificarsi come specifici ed oggettivi elementi fattuali di portata tale da far ritenere che il ricorrente abbia percepito redditi illeciti nell’anno di riferimento.

Deve aggiungersi come la normativa vigente offra all’autorità giudiziaria procedente strumenti idonei per verificare le effettive condizioni reddituali, patrimoniali e familiari dell’interessato: non solo a posteriori, attraverso le verifiche di cui all’art. 98 d.P.R. 115/2002 demandate all’ufficio finanziario competente per territorio, ma anche “prima di provvedere”, esercitando la
facoltà conferita al giudicante dall’art. 96, comma 2, dello stesso d.P.R., ossia trasmettendo l’istanza, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva, alla Guardia di Finanza, per le necessarie verifiche.

3. Si impone, pertanto, l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Foggia.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale diFoggia.

In Roma, così deciso in data 1 febbraio 2023

Il Consigliere estensore
Corte di Cassazione – copia non ufficiale

Alessio Alberti:
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