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LAVORO AUTONOMO: ESENZIONE FISCALE X GRATUITO PATROCINIO

RICETTA ANTICRISI PER TUTELARE I LAVORATORI AUTONOMI PARI AI DIPENDENTI
ARRIVA DDL 4319 PER ESENZIONE DEL GRATUITO PATROCINIO NEL RECUPERO CREDITI DEI PROFESSIONISTI

RECUPERO CREDITI CON ESENZIONE FISCALE DEL GRATUITO PATROCINIO COME I LAVORATORI

La crisi economica sta falcidiando il mondo delle professioni e ciò accade (oltre che per l’aumentare dei costi e degli oneri, pure fiscali, legati all’attività professionale) anche a causa della progressiva crescita degli insoluti, che colpiscono con sempre maggior incidenza i piccoli e medi professionisti.

Tutti gli indicatori dimostrano che oggi i professionisti sono titolari di redditi spesso inferiori a quelli percepiti dai lavoratori dipendenti inquadrati nei livelli più bassi della contrattazione collettiva, che comunque beneficiano di maggiori garanzie di legge.

Anche per queste ragioni, il mancato pagamento del compenso professionale da parte del cliente è oramai diventato un elemento che incide gravemente sul reddito di molti professionisti, i quali spesso, in assenza di liquidità, sono costretti a rinunziare al recupero del credito a causa dei costi che la procedura comporta e che non sono sostenibili per le fasce reddituali più basse del mondo professionale. In questo caso si rileva la disparità di trattamento con il lavoratore dipendente che ha una tutela maggiore ove vede al suo recupero del credito l’accesso all’esenzione del gratuito patrocinio dal pagamento del contributo unificato e delle imposte richiese invece al lavoratore autonomo.

Una misura che aiuterebbe non poco i professionisti nella tutela delle loro ragioni (ed anche di quelle dell’erario) consiste nell’estendere alle procedure giudiziali aventi ad oggetto il recupero del credito costituito da compenso professionale il regime fiscale agevolato previsto per le controversie individuali di lavoro subordinato, ove, come è noto vige il principio di gratuità dalle spese processuali (legge n. 533/1973 art. 10), salvo che per l’onere di pagamento del contributo unificato (introdotto nel 2011 anche per tali controversie), il quale contributo tuttavia è dovuto nella misura della metà rispetto a quello previsto per le cause ordinarie, ed in ogni caso persiste l’esenzione nei confronti di coloro che risultino essere titolari di un reddito (lordo e familiare) inferiore al triplo del limite fissato per l’accesso al gratuito patrocinio (cfr. art. 76 d.p.r. 115/2002).

Il progetto era stato già sostenuto da OUA nel corso della riforma del processo civile, nella forma dell’emendamento a favore della sola classe forense, proposto e trova ora autonomia e concretezza per tutti i lavoratori autonomi iscritti agli ordini nel disegno di legge dell’onorevole Turco.

Peraltro, il professionista recuperando il credito legato al suo compenso professionale, agisce per il recupero anche degli oneri fiscali gravanti sul compenso medesimo, quali iva ed eventuale ritenuta d’acconto, ed inoltre, conseguendo soddisfazione del diritto, l’importo recuperato va ad aumentare il patrimonio fiscalmente imponibile del professionista stesso, così realizzando un beneficio all’intera collettività.

Di seguito il testo integrale del DDL, la cui scheda trovate qui http://parlamento17.openpolis.it/singolo_atto/78271.

Alberto Vigani

Ass. Art. 24 Cost.

 

 

XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

C. 4319

PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa dei Deputati Tancredi Turco, Giuseppe Civati e altri

 

Disegno di legge n. 4319 presentato dall’avv. Tancredi TURCO e altri Modifiche alla legge 2 aprile 1958, n. 319, e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, in materia di contributo unificato e di altri oneri per le cause relative al recupero di crediti derivanti dall’esercizio di una libera professione regolamentata

 

Presentata il 22.02.2017

Onorevoli Deputati!

La crisi economica sta falcidiando il mondo delle professioni e ciò accade (oltre che per l’aumentare dei costi e degli oneri, pure fiscali, legati all’attività professionale) anche a causa della progressiva crescita degli insoluti, che colpiscono con sempre maggior incidenza i piccoli e medi professionisti.

Tutti gli indicatori dimostrano che oggi i professionisti sono titolari di redditi spesso inferiori a quelli percepiti dai lavoratori dipendenti inquadrati nei livelli più bassi della contrattazione collettiva.

Non può tacersi come questo stato di crisi e di depauperamento dei livelli reddituali dei professionisti sia imputabile anche a scelte politiche che, nel nome di un principio di libera concorrenza, hanno inciso nel mercato delle prestazioni professionali, rendendo la figura del professionista indifesa ed alla totale mercé delle più spietate logiche di mercato senza preservare la garanzia di una attività professionale libera ed indipendente da attuarsi anche attraverso la tutela di una prestazione professionale il cui compenso non sia soggetto in assoluto alla sola logica del massimo ribasso.

Anche per queste ragioni, il mancato pagamento del compenso professionale da parte del cliente è oramai diventato un elemento che incide gravemente sul reddito di molti professionisti, i quali spesso, in assenza di liquidità, sono costretti a rinunziare al recupero del credito a causa dei costi che la procedura comporta e che non sono sostenibili per le fasce reddituali più basse del mondo professionale.

Il fenomeno sopra descritto sta assumendo proporzioni epidemiche, ed è certamente una delle principali cause dell’indigenza in cui ormai versano centinaia di migliaia di professionisti e le loro famiglie, dato che il compenso per il professionista ha la stessa funzione della retribuzione per il lavoratore dipendente: quella di garantire la sopravvivenza del lavoratore.

Peraltro, il mancato pagamento del compenso professionale produce pure un danno all’erario, giacché per i professionisti vige il principio di cassa, ossia il reddito è costituito dai compensi effettivamente percepiti nel periodo d’imposta, detratte le spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione (art. 54 d.p.r. 917/1986): pertanto il mancato pagamento di un compenso professionale, si traduce, per lo Stato, in mancata percezione del relativo onere fiscale, costituito da iva, imposta irpef ed eventuale ritenuta d’acconto.

Ne consegue che il recupero del credito del professionista è interesse non solo del lavoratore, ma anche della collettività, e deve quindi essere sostenuto ed incentivato.

Una misura che aiuterebbe non poco i professionisti nella tutela delle loro ragioni (ed anche di quelle dell’erario) consiste nell’estendere alle procedure giudiziali aventi ad oggetto il recupero del credito costituito da compenso professionale il regime fiscale agevolato previsto per le controversie individuali di lavoro, ove, come è noto vige il principio di gratuità dalle spese processuali (legge n. 533/1973 art. 10), salvo che per l’onere di pagamento del contributo unificato (introdotto nel 2011 anche per tali controversie), il quale contributo tuttavia è dovuto nella misura della metà rispetto a quello previsto per le cause ordinarie, ed in ogni caso persiste l’esenzione nei confronti di coloro che risultino essere titolari di un reddito (lordo e familiare) inferiore al triplo del limite fissato per l’accesso al gratuito patrocinio (cfr. art. 76 d.p.r. 115/2002).

Altresì considerato che:

  • la Costituzione Italiana riconosce nel lavoro un fondamento della Repubblica ed un diritto essenziale della persona, che anche tramite esso consegue libertà, dignità e riconoscimento sociale (cfr. Cost. artt. 1, 4 e 35 e ss.).
  • Nella nozione di “lavoro” deve senz’altro includersi, accanto al lavoro subordinato, anche il lavoro autonomo, di cui i professionisti sono fondamentale espressione.
  • E’ indubbio che il compenso per il professionista svolge la medesima funzione della retribuzione per il lavoro subordinato: garantisce il sostentamento della persona, la sua libertà, la sua dignità.
  • La natura prevalentemente personale dell’esercizio della professione, peraltro, conferma la natura e funzione del compenso nei termini esplicitati, tant’è che la giurisprudenza prevalente riconosce come vigente il principio di “equità del compenso professionale”, presidiato nel lavoro subordinato dall’art. 36 Cost.
  • Non vi è alcuna ragione, dunque, per non estendere le esenzioni e riduzioni dal pagamento delle spese processuali previste per le controversie di lavoro, alle procedure di recupero del credito relativo a compensi professionali, giacché soccorre la medesima ratio: un principio di tutela del lavoro, che non deve essere ostacolato da oneri di natura economica.
  • Tale misura si rende tanto più necessaria, se si considera che nell’attuale pano contesto economico e sociale, i professionisti sono lavoratori deboli, in quanto privi di adeguati strumenti di sostegno al reddito (nonché di minimi tariffari a cui ancorare la tutela del l’attuazione del principio dell’equità del compenso professionale sopra menzionato).
  • Peraltro, il professionista recuperando il credito legato al suo compenso professionale, agisce per il recupero anche degli oneri fiscali gravanti sul compenso medesimo, quali iva ed eventuale ritenuta d’acconto, ed inoltre, conseguendo soddisfazione del diritto, l’importo recuperato va ad aumentare il patrimonio fiscalmente imponibile del professionista stesso, così realizzando un beneficio all’intera collettività.
  • Quest’ultima considerazione, proiettata in prospettiva di ampio respiro, può paralizzare la prevedibile eccezione alla presente proposta, legata al fatto che la stessa cagionerebbe un minor introito per l’erario: infatti, da un lato gli introiti degli oneri fiscali sul compenso professionali risultano prevedibilmente maggiori rispetto alle spese di giustizia connesse al recupero del credito medesimo, e dall’altro lato il fenomeno diffuso di rinunzia del recupero del credito professionale (legato spesso alle spese di giustizia, troppo alte) cagiona all’erario la doppia perdita, dovuta alla mancata riscossione sia degli oneri fiscali sul credito sia delle spese di giustizia.
  • Il fenomeno descritto si rivela tanto più fondato, laddove si considera che il compenso professionale spesso consiste in somme modeste, che quindi hanno una buona probabilità di essere recuperate e di garantire così un afflusso nelle casse dell’erario del correlato prelievo di cui all’aliquota di competenza.
  • Pertanto, lo Stato ha tutto l’interesse ad incentivare il recupero del credito professionale, e l’esenzione dalle spese di giustizia è solo apparentemente uno svantaggio per le le finanze dell’erario, in quanto ben maggiori (in termini economici) sono le convenienze che derivano dall’esito proficuo della procedura, esito come si è detto, probabile data l’esiguità delle somme da recuperare.
  • Invero, per gli Avvocati con i requisiti reddituali per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato vi sarebbe anche l’incentivo a provvedere al recupero in proprio dei crediti personali senza ricorrere al beneficio di Stato che altrimenti graverebbe sull’Erario per la quota onorari liquidati se vi fosse la difesa da parte di altro avvocato.

 

si propone venga esteso il regime delle spese di giustizia previsto per le controversie individuali di lavoro ai procedimenti aventi ad oggetto il recupero di crediti riguardanti compensi o rimborsi derivanti dall’esercizio di una libera professione, entro la competenza di valore del Giudice di Pace.

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

(ESTENSIONE DELLE ESENZIONI E RIDUZIONI PREVISTE PER LE CONTROVERSIE DI LAVORO ALLE PROCEDURE DI RECUPERO DEL CREDITO PER I COMPENSI DELLE PROFESSIONI ORDINISTICHE).

 

  1. Al comma 1-bis dell’articolo 9 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo le parole: «assistenza obbligatorie, nonché» sono inserite le seguenti: «per controversie aventi a oggetto il recupero di crediti non superiori a € 5.000,00 riguardanti compensi, con accessori di legge, o rimborsi derivanti dall’esercizio di una libera professione ordinistica, e».

 

  1. Al primo comma dell’articolo unico della legge 2 aprile 1958, n. 319, e successive modificazioni, dopo le parole: «rapporti di pubblico impiego,» sono inserite le seguenti: «nonché gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi alle cause per controversie aventi a oggetto il recupero di crediti non superiori a 5.000 euro riguardanti compensi, con accessori di legge, o rimborsi derivanti dall’esercizio di una libera professione ordinistica».

* * *

Per l’effetto le modifiche normative porteranno ai seguenti articolati  (le modifiche sono evidenziate in grassetto e corsivo):

1) Si propone di modificare l’art. 9 del D.P.R. n. 115/2011 nel seguente testo:

D.P.R. 115/2011 – ART. 9 (Contributo unificato) […]

1-bis. Nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per controversie aventi ad oggetto il recupero di crediti non superiori a € 5.000,00 riguardanti compensi, con accessori di legge, o rimborsi derivanti dall’esercizio di una libera professione ordinistica, e per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, le parti che sono titolari di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, superiore a tre volte l’importo previsto dall’articolo 76, sono soggette, rispettivamente, al contributo unificato di iscrizione a ruolo nella misura di cui all’articolo 13, comma 1, lettera a), e comma 3, salvo che per i processi dinanzi alla Corte di cassazione in cui il contributo e’ dovuto nella misura di cui all’articolo 13, comma 1.

 

2) Si propone di modificare l’articolo unico di cui alla legge n. 319/1958 nel seguente testo:

LEGGE 2 aprile 1958, n. 319 – Esonero da ogni spesa e tassa per i giudizi di lavoro

Articolo unico

Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle cause per controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, nonché gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle cause per controversie aventi ad oggetto il recupero di crediti non superiori a € 5.000,00 riguardanti compensi, con accessori di legge, o rimborsi derivanti dall’esercizio di una libera professione ordinistica, gli atti relativi ai provvedimenti di conciliazione dinanzi agli uffici del lavoro e della massima occupazione o previsti da contratti o accordi collettivi di lavoro nonché alle cause per controversie di previdenza e assistenza obbligatorie sono esenti, senza limite di valore o di competenza, dall’imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 9, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.

Sono allo stesso modo esenti gli atti e i documenti relativi alla esecuzione sia immobiliare che mobiliare delle sentenze ed ordinanze emesse negli stessi giudizi, nonché quelli riferentisi a recupero dei crediti per prestazioni di lavoro nelle procedure di fallimento, di concordato preventivo e di liquidazione coatta amministrativa.

Le disposizioni di cui al primo comma si applicano alle procedure di cui agli articoli 618-bis, 825 e 826 del codice di procedura civile.

Alessio Alberti:
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