LA CABALA DEL MINISTERO DI GIUSTIZIA: ECCO I DATI CHE SCIOCCANO

LA GIUSTIZIA DA I NUMERI?

DIAMO I NUMERI DELLA GIUSTIZIA …

La Giustizia in Italia

La Giustizia in Italia

Un processo in Italia dura mediamente 960 giorni per il solo primo grado ed altri 1.509 per l’appello.

Un divorzio giudiziale richiede 634 giorni, contro i 321 della Germania, i 90 della Danimarca o, addirittura, i 25 dell’Olanda.

Per recuperare un credito commerciale servono 1.210 giorni, contro i 462,7 della media Ocse.

Abbiamo un arretrato nel civile di 5 milioni e mezzo di cause, che aumentano di anno in anno (in venti anni l’arretrato è triplicato) e nel penale il cumulo di processi arretrati è arrivato a 3.262.000.

Le cause promosse contro lo Stato Italiano per eccessiva durata dei processi sono ogni anno decine di migliaia, con un costo di decine di milioni di euro l’anno ed una spesa “potenziale” per l’Italia di mezzo miliardo ogni dodici mesi.

Se possiamo dire tranquillamente, quindi, che la Giustizia dà i numeri, perché nessun processo che dura tra primo e secondo grado otto / dieci anni può considerarsi “giusto”, proviamo allora a dare i numeri della Giustizia, ossia a descrivere, dati alla mano, come è composto il sistema-Giustizia italiano, quante persone ci lavorano e quanto spendiamo per esso, con l’aiuto del recente libro di Stefano Livadiotti, giornalista de L’Espresso, dall’emblematico titolo: “Magistrati, l’ultracasta”.

In Italia vi sono 13,7 giudici professionali per ogni 100.000 abitanti, per un totale di 8.337 magistrati, tra giudicanti e requirenti.

La Francia ne ha 11,9; la Spagna 10,1; l’Inghilterra 7; la Danimarca 6,6 e l’Irlanda addirittura 3,1 ogni 100.000 abitanti.

Non è, quindi, un ipotetico scarso numero di magistrati la causa del disastro in cui si trova la Giustizia italiana.

Ma anche come personale addetto alle cancellerie non possiamo lamentarci: abbiamo, infatti, 27.067 addetti, contro i 15.199 della Francia ed i 5.160 dell’Olanda.

Come dire che in Italia ogni magistrato può contare su 4,2 addetti all’ufficio, mentre in Francia sono 2 ed in Germania 2,9.

Anche come Tribunali siamo in vetta alla classifica, con 1.292 uffici sparsi su tutti il territorio nazionale, contro i 1.136 della Germania (che ha però 82 milioni di abitanti, contro i 60 milioni di Italiani), i 773 della Francia, i 703 della Spagna ed i 595 della Gran Bretagna, che ha quindi metà dei nostri Tribunali, con una popolazione pressoché identica.

Allora, per capire come mai l’efficienza del nostro sistema giudiziario è al centocinquantaseiesimo posto nella classifica stilata dalla Banca Mondiale (ossia, dopo il Gabon e la Guinea Bissau, tanto per fare un esempio), devono essere gli stanziamenti ad essere insufficienti…

Nulla di più sbagliato.

Nel 2006 il budget italiano per Tribunali, pubblica accusa e patrocinio per i non abbienti era di oltre 4 miliardi di euro (4.088.109.198,00), quello spagnolo poco meno di tre miliardi, quello francese tre miliardi e 350 milioni…

Noi stanziamo per la Giustizia lo 0,26% del PIL ed i francesi lo 0,19%.

Solo per l’Ufficio del pubblico mistero sono stanziati un miliardo e 336 milioni, ossia il doppio di quanto spende la Francia, che è ferma a 670 milioni (risparmiamo solo sui costi delle difese d’ufficio, che costano alla collettività 1,5 euro a testa, contro i 3,8 della Spagna, i 4,8 della Francia, i 6,8 della Germania ed addirittura i 56,2 dell’Inghilterra).

Per un servizio che funziona in maniera pessima, quindi, lo Stato italiano spende molto danaro. Molto di più di tutti i nostri partner europei.

E queste spese gravano, ovviamente, sulle spalle dei contribuenti (ossia noi tutti), se è vero che ogni italiano contribuisce con 70 euro l’anno a questa voce del bilancio statale, contro i 53, ad esempio, dei francesi…

E gli investimenti aumentano di anno in anno.

La spesa complessiva finale del nostro Paese per la voce “Giustizia” nel 1997 è stata di 5 miliardi e 182 milioni, per passare nel 2008 a 7 miliardi 608 milioni: in undici anni, quindi, gli stanziamenti italiani per la Giustizia sono aumentanti del 46,8%.

Ma come vengono spesi tutti questi quattrini?

La prima voce è rappresentata dagli stipendi.

Quelli dei magistrati supera il miliardo di euro (1.166.377.000), cui debbono sommarsi altri 121 milioni di spese accessorie, come il cosiddetto premio-produttività, in realtà riconosciuto automaticamente, senza alcuna verifica dell’effettiva attività svolta.

Nel triennio 2003-2005 la busta paga dei magistrati è aumentata del 26%, tanto che un magistrato italiano guadagna il 41,4% in più di uno tedesco.

Secondo l’Organismo Unitario dell’Avvocatura “i maggiori stanziamenti degli ultimi anni in favore della giustizia sono stati pressoché interamente assorbiti dagli oneri relativi agli stipendi dei magistrati”.

Infatti, gli altri due miliardi circa che vengono spesi ogni anno per il “funzionamento” del tribunali non hanno goduto di alcun significativo incremento.

Anzi: la voce relativa agli stipendi del personale di cancelleria, nel triennio 2005-2007 è addirittura scesa di 21 milioni e mezzo di euro (!), mentre quella relativa agli stipendi dei magistrati aumentava di 190 milioni…

Ma oltre a spendere il 70% del budget complessivo solo per pagare gli stipendi, il nostro sistema giudiziario soffre anche di una gestione economica decisamente fallimentare.

Ad esempio, a fronte di quasi 400 milioni di euro di pene pecuniarie e spese processuali recuperabili da parte dello Stato nel primo semestre del 2007, ne erano stati effettivamente incassati solo 12 (ossia il 3%).

Pensiamo che i tedeschi riescono a recuperare, con questa sorta di autofinanziamento, ben il 45% di quanto spendono, gli inglesi il 44% e gli austriaci addirittura il 107%, ossia ci guadagnano…

Ma non basta.

Altre a non “incassare” quanto potrebbero (e dovrebbero…), i Tribunali italiani sperperano ingenti risorse in attività del tutto ingiustificate, basti a pensare, ad esempio, che mentre negli Stati Uniti nel 2005 sono stati intercettate 1705 utenze telefoniche, in analogo periodo qui da noi sono stati eseguiti 109.000 controlli, coinvolgendo un milione e mezzo di persone, con una spesa di 308 milioni di euro.

Veniamo, infine, alla “geografia” giudiziaria.

Tribunali ed Uffici del Giudice di Pace sono, senza alcun dubbio, troppi e mal distribuiti sul territorio nazionale, in base a “tabelle” che risalgono al primo dopoguerra, quando il Veneto, ad esempio, era una delle più povere Regioni italiane, con un’economia essenzialmente agricola e di sussistenza.

Oggi dobbiamo contare, praticamente, sui medesimi uffici giudiziari, pur essendo diventati la seconda economia del Paese…

Per contro, i Tribunali ci sono dove non servono.

C’è, ad esempio, un Tribunale ad Orvieto, con cinque magistrati che “sovrintendono” ai problemi di 55.000 residenti e che nel 2007, hanno chiuso 493 provvedimenti complessivi, tra civile e penale…

Ma è in Sicilia che, con 19 Tribunali, si supera ogni record: 10 magistrati in servizio a Modica, 15 a Ragusa (che dista una dozzina di chilometri…), 6 a Mistretta, che ha un bacino di 22.000 abitanti.

A San Donà, con un’utenza di 100.000 abitanti, senza contare l’abnorme incremento estivo, abbiamo 3 giudici: uno ogni 33.000 residenti, ossia meno di un quarto rispetto alla media nazionale ed addirittura dieci volte meno di Mistretta, tanto per intenderci…

Il ridicolo si raggiunge, però, con gli Uffici del Giudice di Pace, per i quali abbiamo magistrati che trattano 15 fascicoli l’anno (San Nicolò Gerrei), 17 (Forlì del Sannio) o 22 (Pozzomaggiore)…

Per poter portare un valido aiuto a questo malato allo stadio terminale che è la Giustizia in Italia, quindi, le soluzioni ci sarebbero e, a mio avviso, si possono dividere un due grandi classi.

La prima comprende tutti gli interventi legislativi necessari per ridurre il contenzioso ed i tempi del processo, facendo il modo che si ricorra al Giudice, sia civile che penale, solo per questioni effettivamente rilevanti.

La seconda classe di interventi riguarda, invece, l’organizzazione amministrativa dei Tribunali italiani. E’, infatti, indispensabile affrontare alcuni nodi ad oggi insoluti: parametrare lo stipendio dei magistrati alla loro effettiva produttività, eliminando gli scatti automatici di stipendio e le progressioni di carriera per semplice anzianità di servizio; tagliare drasticamente e senza paura i “rami secchi”, ossia gli uffici inutili e non produttivi; controllare con accuratezza entrate ed uscite della macchina giurisdizionale, evitando sprechi inutili e recuperando concretamente le somme dovute; affidare a dirigenti esperti, con effettive competenze manageriali, la gestione amministrativa e burocratica degli uffici, come ha fatto il procuratore capo di Bolzano Cuno Jacob Tarfusser che, con piglio quasi imprenditoriale, in cinque anni ha ridotto della metà i costi di funzionamento del proprio ufficio, passando da 1.200.000,00 euro l’anno a poco più di 600.000,00 e riuscendo, contestualmente, a smaltire l’arretrato ed a definire l’80% dei fascicoli in 12 mesi, così da ottenere, unico caso in Europa, la Certificazione di Qualità ISO9001…

Ma per fare tutto questo ci vuole tantissimo coraggio, forza ed autonomia che, probabilmente, oggi nessuno ha e neppure dimostra di cercare…

Avv.ti Alberto Teso & Alberto Vigani

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3 Comments

  1.  

     

    E' indubbio che le disfunzioni del sistema giustizia sono un handicap per il paese.
    Le conseguenze sono note:   rallentamento nei  i processi di crescita, di sviluppo e di modernizzazione.
    Leggendo il  43° Rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del paese  e sullo stato del servizio giustizia in Italia se ne ricava una via d'uscita è possibile.
    Secondo le stime  effettuate sui procedimenti di conciliazione e di arbitrato aventi a oggetto controversie tra imprese svolti dalle camere di commercio e altri organismi autorizzati  a fronte di un numero costante di ricorsi ai procedimenti ordinari, le domande di conciliazione sono, tra il 2005 e il 2007, più che raddoppiate, mentre gli arbitrati sono lievitati del 7,1 per cento.
    Una trend che crescerà ulteriormente.
     Il Censis segnala che il secondo Rapporto sull'efficienza e la qualità della giustizia, realizzato dalla Commissione europea per l'efficienza della giustizia del Consiglio d'Europa, rileva che l'Italia è il primo paese europeo per numero di cause pendenti, con quasi 3 milioni e 688 mila casi in attesa di giudizio, seguita a distanza dalla Francia, con 1 milione 165 mila, e dalla Spagna, con più di 781 mila.
    Un dato attribuibile, secondo il Censis, alla totale mancanza di meccanismi preposti al filtro delle controversie e all'alto livello di litigiosità: con 4.800 casi ogni 100mila abitanti, l'Italia è il terzo Paese per numero di cause iscritte a ruolo, superato dalla Federazione Russa, che presenta poco più di 5 mila cause in entrata, e dall'Olanda, che invece si classifica come paese nel quale è più inflazionato il ricorso ai tribunali, con 5.800 cause.
    Il ricorso ai sistemi extragiudiziali consente non solo di ridurre i tempi di risoluzione delle controversie, ma anche di contenere i costi che imprese e cittadini sostengono per ricorrere alla giustizia.
    Ma quanto costa ricorrere alla giustizia alternativa?

    Si stima un'incidenza  sul fatturato aziendale in media per lo 0,8%  che  si traduce  in un esborso medio annuo per azienda di 3.832 euro.
    Una tassa in più?
    A mio avviso no. Si tratta si ottenere giustizia in tempi rapidi e certi. Quindi si tratta di un investimento e non di un costo.
    E gli investimenti portano frutto soprattutto nel medio lungo termine.
    A questo proposito ritengo utile segnalare per il Foro dell'area sandonatese che è in funzione la Camera Arbitrale della Venezia Orientale che oltre  a garantire l'apporto di professionisti seri e preparati nelle gestione delle dispute offre arbitrati a costi certi e contenuti.
     
    avv. Victor Rampazzo

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